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Il dominio dei robot

Il dominio dei robot

Prevedere l’esatta configurazione di una molecola a partire dal suo codice genetico: vedere, cioè, nel futuro di una parte della nostra biologia. Un risultato così, atteso dalla scienza da decenni, è stato conseguito da un’intelligenza artificiale, da DeepMind, società londinese appartenente a Google. La scoperta apre orizzonti nella medicina e, in particolare, in quelle chimere scientifiche rincorse da troppo tempo: la cura per le sindromi di Alzheimer e Parkinson, i vaccini, le terapie per il diabete e altri mali congeniti. La tecnologia che sta dietro (e dentro) DeepMind è simbolica dell’accelerazione impressa al progresso con il deep learning, la tecnica di apprendimento artificiale fondata sulle reti neurali artificiali, e con l’affinamento del calcolo informatico reso possibile dalle miniere, pressoché infinite, di dati attualmente a nostra disposizione. Tutto ciò che nasce con l’A.I., insomma, è “ineguagliabile”, rivoluzionario come lo fu l’elettricità. Chi oserebbe definire l’elettricità, oggi, come una forza negativa? I pareri e le previsioni sull’evoluzione dell’intelligenza artificiale, invece, abbondano e diventano, giorno dopo giorno, più temibili. Perdita di milioni di posti di lavoro, disuguaglianze nello sviluppo e nella gestione della ricchezza, minacce alla privacy personale (basti pensare a come in Cina la videosorveglianza utilizzi il riconoscimento facciale), sviluppo di armi autonome, in grado di uccidere senza l’autorizzazione di un essere umano. L’A.I. è, dunque, “una minaccia all’esistenza stessa dell’umanità?”. La realizzazione di una macchina superintelligente votata all’annientamento dell’uomo, per adesso, è solo fantascienza…

Nessuno conosce come, e soprattutto quando, saremo sorpresi dalle evoluzioni di algoritmi e robot fino al punto in cui diventeranno nostri nemici. Per qualcuno questo scenario sicuramente accadrà, per altri - la maggioranza degli esperti - l’unica certezza nella storia del rapporto fra uomo e macchina è l’estrema rapidità con la quale accadono le novità, i passi avanti. Tutti i saggi sul tema - e ce ne sono tanti, spesso validi e benvenuti - concordano su un piano d’azione che finora si configura piuttosto come una speranza: occorre arrivare preparati e consapevoli al futuro, liberi dai sensazionalismi e dai pregiudizi. Martin Ford, autore di questo saggio, è uno degli esperti che in quest’era di disorientamento, si sono fatti carico di guidare la riflessione al di là della paura e dello scetticismo. Fondatore di un’azienda tecnologica della Silicon Valley, Ford sul suo sito - in cui si propone per conferenze sul tema - si definisce futurist, futurologo; i suoi libri sono best seller approvati anche dalla critica più intransigente. A differenza di scienziati o filosofi, il suo sguardo parte dall’interno delle cose, da cosa sono e come funzionano gli aspetti della nostra quotidianità infusi di algoritmi e chip, oggetti che stanno innegabilmente cambiando il mondo. Dal magazzino automatizzato di Amazon alle reti neurali. Come sarà, dunque, il mondo di domani? La politica e l’economia cambieranno? Saremo sconvolti o sapremo cavalcare le nuove opportunità? Molte applicazioni, la maggior parte, per Ford sono positive, ma c’è “un urgente bisogno di normative”. Non è semplice, perché pare che questa rivoluzione sia solo all’inizio, come se ci trovassimo in una fase infantile della robotica e dell’intelligenza artificiale. E, prossimamente, per l’IA il futuro sarà un bivio: il sentiero dell’ottimismo o il dirupo della distopia.