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Il fanciullino

ilfanciullino

Il poeta è colui che, a prescindere dall’età anagrafica, sa mantenere intatta dentro di sé la capacità di osservare e cantare l’esistenza con ingenuità e stupore pari a quelle di un fanciullo, di scoprire in tutte le cose il loro sorriso e la loro lacrima nominandole come l’Adamo primitivo. Il suo rapporto visionario con il mondo gli consente di piangere e di ridere di quel che sfugge alla ragione e soprattutto ai sensi comuni; di varcare la soglia di ogni visione apparente e integrarsi a sua volta nella natura esteriore. La sua indole candida rende tollerabile l’alternarsi di felicità e sventura, temperando il gusto ora amaro ora dolce di ciascuna circostanza fino a renderle tutte e comunque soavi alla mente. Tale disposizione d’animo accarezza e consola il tragitto umano, si nutre di accenti puri e sensibili, al di là dei pudori, dei timori e delle convenzioni dell’età adulta. E la poesia che ne deriva non scaturisce da alcuna forma di abilità retorica o dalla padronanza culturale, non ha requisiti civili né intenti patriottici, non è animata da propositi educativi. Trova invece fondamento in un’idea mistica della poesia, ossia tale da indurci a ritornare ad un ingenuo osservare e sentire, ad uno stadio anteriore alla responsabilità, in definitiva eclisse della personalità storica del poeta in favore di una poetica cosmica ma particolaristica al tempo stesso. Difficile non cogliere l’assonanza con Rimbaud secondo il quale il quale il poeta è un veggente, pur nella diversa forma delle rispettive declinazioni espressive…

Il presente testo di Giovanni Pascoli, pubblicato per la prima volta nel 1897 e contenuto all’interno del suo ultimo libro Giovanni Pascoli: Pensieri e discorsi, Bologna del 1907, viene ora riproposto al lettore da Feltrinelli con un penetrante saggio introduttivo di Giorgio Agamben. Articolato in 20 brevi capitoli, esso esalta la purezza dell’animo fanciullesco quale ripristino di una condizione naturale propedeutica all’arte poetica e la esorta a palpitare all’unisono con quella dell’uomo dell’adulto. Tale dichiarazione consente di collocare la concezione poetica del Pascoli lungo il versante piccolo-borghese della cultura di fine Ottocento. Là dove gli effetti della crisi sociale, contestuale a quella dei grandi ideali romantici e del razionalismo positivistico, evocano zone dell’animo umano nascoste e altrimenti inconoscibili, e consentono l’emersione di una poesia composta da sensazioni e da allusioni sottratte a ogni controllo della ragione, della verosimiglianza, della chiarezza ed evidenza, libera nella sua funzione di rivelatrice assoluta dell’aldilà delle cose apparenti. Le argomentazioni espresse dal Pascoli nelle pagine del libro legano la concezione poetica del Pascoli alla corrente del decadentismo in maniera del tutto evidente. Soprattutto quando le caratteristiche peculiari del fanciullino precedentemente esposte, nei capitoli successivi trovano adeguata rispondenza nella figura del poeta. Queste pagine sono le più intense di un testo colto e sommesso, talvolta trattenuto dal pudore di suscitare coinvolgimento, concepito per una lettura lenta e meditativa. Perché non solo ci restituisce il nucleo poetico del Pascoli, ma anche un bruciante desiderio di riconversione intima.