
La notizia della morte di Ottavio Manfré, venerato attore di cinema e teatro, si diffonde velocemente; Tommaso, il figlio, viene a saperlo da sua moglie Serena. Quella telefonata improvvisa gli rovina la festa; già pregustava una serata bollente con Francesca, la sua amante, e invece deve mettersi in marcia verso Sarzana: pare infatti che suo padre, negli ultimi tempi, si fosse andato a rintanare in un piccolo alberghetto affacciato sulla piazza del paese. Tipico di Ottavio, nascondersi di fronte ai problemi. Aveva un cancro, ma a suo figlio lo aveva confessato solo di recente. Durante il tragitto, Tommaso si ferma in autogrill per acquistare due pacchetti di Winston blu e qualche quotidiano da cui ricavare qualche informazione in più. La tentazione di ordinare anche un Jack Daniel’s è fortissima – chi potrebbe mai giudicarlo in un momento simile? – ma resiste, e continua per la sua strada, accorgendosi ben presto di essere seguito da alcuni giornalisti una volta oltrepassato il centro di Sarzana. Il maresciallo dei carabinieri lo accoglie davanti alla porta dell’albergo, e dopo le condoglianze comincia a fargli qualche domanda. Ottavio era depresso? Quali erano le sue condizioni di salute? Nessuno in famiglia sapeva dove si trovasse? No. Decisamente Tommaso non sapeva dove suo padre si trovasse, almeno fino alla telefonata di Serena. Ma c’era qualcuno che ne era al corrente. Teresa. La sua sorellastra, di poco più giovane, si trova alle sue spalle: gli occhi arrossati, la pelle sottile e lentigginosa, i capelli rossi che le sfiorano le spalle. “Teresa. Come stai?” Tommaso è calmo, cortese – la donna si sente quasi spiazzata – ma non prova nulla per lei. La conosce a malapena; l’ultima volta che si erano visti era solo una bambina. Era stato il maresciallo a chiamarla: Ottavio aveva lasciato alla direzione dell’albergo i numeri di entrambi i figli. Lei vuole vedere la stanza di Ottavio; lui ne farebbe volentieri a meno, ma non ha il coraggio di dirlo. La camera è semplice, ordinata. Sul comodino, troneggia una copia de Il paradiso perduto di Milton. E i vestiti sono impregnati del profumo preferito di suo padre, quello che ha usato per una vita intera: Clive Christian n.1, costosissimo nel suo flacone dal ridicolo tappo a corona. La visita più difficile però è quella all’obitorio. Teresa e Tommaso ci arrivano insieme, nella stessa auto, fronteggiando l’imbarazzo e il silenzio. Lei, non riesce a trattenere le lacrime mentre osserva il corpo scheletrico di Ottavio sparire sotto il lenzuolo; lui, calcola che suo padre deve avere perso almeno dieci chili nell’ultimo mese. Tuttavia, quello che prova di fronte a quel corpo è solo indifferenza...
Un disastro su tutti i fronti, questo è Tommaso. Un uomo adulto che combina casini neanche fosse un ragazzino: un passato di droga e alcol non ancora lasciato completamente alle spalle; un matrimonio che sembra arrivato al capolinea (non riesce più ad eccitarsi con sua moglie, che ama, ma gli riesce benissimo con le altre); scelte professionali discutibili, caldeggiate da personaggi squallidi e superficiali, e gravate dall’ombra di un uomo che è stato un pessimo padre (colui che lo ha abbandonato sin da bambino) ma un grandissimo attore del quale è difficile emulare le gesta. Tommaso non si è ancora trovato, la rabbia verso suo padre lo sta schiacciando, impedendogli di vedersi per ciò che è realmente, al netto del suo cognome: un uomo affascinante e un professionista talentuoso. Il percorso verso la consapevolezza di sé è lungo e tortuoso; un radicato orgoglio maschile gli impedisce di versare lacrime e mostrarsi in tutta la sua fragilità, che pure si riesce a intuire dietro l’apparente menefreghismo e gli atteggiamenti da duro. Tommaso non è solo in questa ricerca: Reiner, il suo psicanalista, lo segue da anni; ma sono le donne che gli orbitano intorno a rivelarsi determinanti: Serena, Alba, e soprattutto Teresa, una sorpresa piacevole, spiazzante, la sorellastra ritrovata che non si arrende di fronte alla dura scorza costruita nel tempo da Tommaso. Tutti personaggi interessanti e ben caratterizzati, che rendono Il figlio una lettura gradevole, intensa, fluida nella sua semplicità, nella quale la sua autrice, la monzese Sabrina Campolongo – nota anche come traduttrice e insegnante di scrittura creativa – ripropone, in una sorta di filo conduttore, i temi cardine della sua narrazione, già affrontati per Paginauno in opere come Ciò che non siamo (2016) ed Emma B (2018): le difficili dinamiche della coppia e della famiglia nel suo complesso, fra gioie, dolori e aspettative spesso disattese.