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Il figlio della vedova

Il figlio della vedova

Le cinque e mezzo sono l’ora più temuta per Tilly MacDonald: lei e il figlioletto Robert sono ospiti della cugina, Sibyl Fleming, solo da una settimana, ma le abitudini in casa si sono già radicate. Sibyl non vuole mai rimanere sola e Tilly si sente in dovere di andare in terrazza a sedersi con lei. Sa già che, dopo un drink o due, Sibyl si abbandonerà al pianto — per l’ingratitudine, per i tradimenti, per gli intrighi contro di lei — oppure diventerà arrogante e prepotente. Per questo spera che arrivi qualcuno. Forse con il marito Howard parlerà di azioni e obbligazioni, del loro broker, dell’avvocato, del dottore o di uno scandalo nel vicinato, ma è evidente che in questo momento stanno litigando e lui non si fermerà a lungo con la moglie. Sibyl ha invitato la vedova del cugino Ian a passare l’estate da lei ed è stato un vero dono del cielo: Tilly non ama il ruolo di “parente povera”, ma ha disperatamente bisogno di denaro e ha subaffittato lo squallido appartamentino sulla Decima Strada a New York, così da poter guadagnare qualcosa senza spendere nulla. Inoltre, a Robert fa bene stare in campagna. Ricorda che quando Ian era tornato illeso dalla guerra, si era detto felice di avere un figlio, ma dopo qualche mese aveva annunciato un viaggio in Florida per un “affare” con un milionario. Tilly lo aveva aspettato due settimane, poi aveva saputo che Ian era morto in un’esplosione a bordo di un motoscafo: un incidente mortale che lui stesso aveva provocato. Come previsto da Tilly, che ha raggiunto Sibyl in terrazza, le sue recriminazioni riguardano il marito — che deve mantenere, visto che scrivendo un libro e non prova nemmeno a trovarsi un lavoro — e il figlio Taylor, un quindicenne problematico, avuto da un precedente matrimonio, che ora frequenta un campo estivo e si fa sentire solo quando ha bisogno di soldi. Prima di cena, Sibyl è solita riposarsi in camera sua, ma ha bisogno di un sonnifero: è la stessa Tilly a darle l’ultima capsula rimasta, nonostante sia consapevole che mischiare alcol e farmaci può essere pericoloso. Il tempo di abbassare le veneziane e, stranamente, la donna già si è addormentata e giace silenziosa e immobile. I tre ospiti attesi per cena — Carola Dexter, Dick Cantrell e Sam Osborne — sono arrivati, ma Sibyl è in ritardo. E quando Tilly sale a controllare, trova la donna rigida sul suo grande letto, gli occhi aperti e sbarrati, mentre il marito è sul pavimento accanto a lei, a faccia in giù. Una scena che le ricorda la storia raccontata dal figlio Robert su uno scoiattolo e un uccello uccisi da un “ragazzo cattivo” con del veleno, e che Tilly credeva finora frutto dell’immaginazione del bambino…

Pubblicato nel 1953, Il figlio della vedova — di cui la casa editrice Elliot presenta la prima (!!!) traduzione italiana —, è l’ultimo dei diciotto romanzi che l’autrice americana Elisabeth Sanxay Holding scrisse nell’ambito della narrativa di suspense. In vita la scrittrice godette di grande popolarità, ma è per le peculiarità delle sue opere che alcuni critici dell’epoca le riconobbero un importante contributo alla nascita del Noir. In quest’ottica, il romanzo contiene molti degli elementi tipici dei romanzi di Sanxay Holding. Più che sulla figura del detective — il tenente Levy della polizia, di cui sappiamo ben poco — o sui dettagli dell’indagine, l’interesse del lettore viene convogliato sulla protagonista, una donna “normale” che commette errori, insicura, incapace di fronteggiare una situazione straordinaria, piena di dubbi e di paure. Tilly si sente in debito con la cugina che ha mostrato comprensione nei suoi confronti e per questo cerca di assecondarla, più per paura di ritrovarsi per strada e per mancanza di prospettive, che per vera riconoscenza. Nei confronti del figlio nutre un’adorazione e un senso di protezione che rasentano l’ossessione e che le causano ansia e sensi di colpa. Sa di essere una donna ancora attraente — “Colse la propria immagine riflessa nello specchio di fronte, quella di una ragazza snella e alta seduta sul divano, le ginocchia incrociate, la lunga gonna a pieghe drappeggiata con grazia sulle lunghe gambe slanciate, la fiera testa bionda sul collo affusolato, l’espressione enigmatica; nessun segno o traccia di timore o nervosismo, anche se sapeva bene ciò che stava per accadere” —, ma verso gli uomini ha un atteggiamento ambiguo, che va dall’essere intimidita al sentirsi inadeguata e al bisogno di affermazione. Le numerose introspezioni psicologiche e il flusso continuo dei pensieri di Tilly — sempre funzionali al racconto, come alla definizione del personaggio — permettono di avere un punto di vista esclusivo, anche se parziale, sulla vicenda. Popolato da uomini ottusi e ipocriti, capaci solo, come Sam Osborne, di dare consigli che lui stesso non ha intenzione di seguire, Il figlio della vedova è caratterizzato da un particolare rapporto tra gli spazi — la casa, le camere degli ospiti, il giardino, la terrazza, la tetra casetta del giardiniere — e i personaggi; da una sensazione di disorientamento e dalla presenza di protagonisti vulnerabili, incapaci di controllare gli eventi. Essi non hanno l’onestà, l’intelligenza e il coraggio di dire alle autorità ciò che sanno, ma, come spiega il tenente Levy: «Ognuno di voi quattro aveva in mente di “proteggere” qualcuno» proseguì. «Nascondendo delle informazioni alla polizia, non avete protetto nessuno». Si rimise il taccuino in tasca. «Pensateci su» disse.