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Il filo della speranza

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Sicilia. Santa Caterina di Villarmosa, un “paese un po’ sonnacchioso e testardo che non si vuole spegnere”. Fine anni Sessanta. Vita è una giovane donna appena sposata che sceglie di fare del ricamo la sua arte, perché: “ricamare […] è scrivere sulla tela una storia lunga e complicata. Far parlare le mani, mentre il fiato è sospeso e gli occhi lacrimano […] è ritrovare tante voci, anche quelle sepolte da un pezzo. Nel ricamo tutto torna vivo e si fa sentire.” Eppure, non tutto è facile e romantico come sembra: anche dietro tale arte, si nascondono degli approfittatori: i mediatori che, in combutta con la mala, sfruttano le ricamatrici sottopagandole e minacciandole affinché non si ribellino. È così che Vita incontra Filippa Pantano, fondatrice della Lega del Filo Rosso, nucleo fondante della rivolta delle ricamatrici di Santa Caterina di Villarmosa. Di lì a poco, la legge del 1973 tutelerà, per la prima volta nella storia, il lavoro delle ricamatrici e ridurrà i soprusi dei mediatori. Vita è, ormai, anziana e, durante il lockdown dovuto alla pandemia, decide di scrivere alla nipote lontana tutte le sue – e quelle delle sue colleghe – vicende legate alle loro battaglie come ricamatrici…

Guia Risari dà voce a una vicenda “piccola”, ma pregna di significato: attraverso Vita e la Lega del Filo Rosso, svela trame troppo a lungo taciute, restituendo dignità a tutte le piccole ricamatrici di un tempo, ai loro sacrifici, ai loro silenzi, e soprattutto alla loro Arte. Lo fa in maniera semplice, com’è giusto che sia per una vicenda simile: affidando la narrazione a un’anziana ricamatrice che, isolata nella propria dimora, trova la forza di ricordare e, quindi, di sperare. “Muovo le mani un po’ arrugginite ma sempre esperte e mi pare di librarmi in aria, di non avere più peso, di capire tante cose.” Vita ritorna persino a cucire, dopo tanti anni. Si riveste della sua perduta giovinezza, di quel coraggio, tanto “spregiudicato” quanto giusto, che in fondo fa ancora parte di lei comunque. Vita non si arrende, nonostante la solitudine, il lockdown, i notiziari che allarmano. Trova il modo di sopravvivere aggrappandosi al ricordo di una passione difficile, ma che l’ha resa, ad ogni modo, felice, perché è nei fili del ricamo che s’è intrecciata indissolubilmente la sua stessa vita.