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Il giardino di Lontan Town

Il giardino di Lontan Town

Mea Barbari è piccola con i capelli neri, ha dodici anni (quasi tredici) e una erre difettosa che scivola in sc. A parte questo, Mea ha un fratello più grande, grosso, come un sanbernardo e una madre-colibrì con la fissa dell’altrove. L’altrove è migliore, ed è qualunque posto che non sia casa loro, anche Lontan Town, il posto dove vive la zia Ludovica. L’altrove diventa improvvisamente realtà quando un’alluvione si porta via la casa, il giardino e il negozietto-bazar. Mea parte per Lontan Town accompagnata Gin, l’amico-camaleonte della zia, dalla sua capacità di riconoscere nelle persone dei comportamenti animali, e da un pessimo inglese. A Lontan Town l’aspetta la zia-renna Ludovica, al momento disoccupata (ma con abbastanza risorse per ben due mesi) e con una preoccupante inclinazione per l’alcool, e il tutto il folto gruppo degli animali-studenti. Ludovica non ama i fast food, ama i giardini, il suo amico immaginario Cooper, non è mai riuscita a “famigliarizzare” nella vecchia scuola e tanto meno sembra probabile che ci riesca in questa. Insomma, Ludovica inizia un gioco di adattamento e sopravvivenza, dove la sua passione per l’etologia torna imprevedibilmente utile.

Il giardino di Lontan Town è ambientato per buona parte appunto a Lontan Town che, come si può intuire dal nome, non esiste. Lontan Town è un non luogo, come lo è allo stesso modo il paese italiano di Mea (che non avrà mai un nome), e come lo è ancor di più Lontan Lontan Town, nuova meta dell’altrove sognata da sua madre. I luoghi, insomma, sono relativi: c’è un altrove, questo altrove è lontano, bisogna lasciare tutto, partire, e imparare a viverci. Facendo della psicologia da quattro soldi possiamo anche dire che c’è un luogo che è l’infanzia, dove si può vivere in un giardino, in compagnia dell’amico immaginario Cooper, e un altrove che sta al di là del giardino e delle famiglie possibili, che è l’adolescenza, o magari l’età adulta. Il giardino di Lontan Town è un romanzo di formazione vestito da romanzo di viaggio o di migrazione, però è un vestito che ci sta bene. Come funziona bene la consapevolezza, quasi adulta, di Mea, che sa capire le persone nella loro forma animale, ma che ancora non capisce quanto sia potente questa sua risorsa dell’immaginario. Patrizia Rinaldi è laureata in Filosofia, e questo potrebbe aver nutrito la trama di altre profondità. Due panini molto vicini ai tre. Consigliato.