
Un pacco bomba davanti a un magazzino vuoto in Sicilia ha un solo significato, è un avvertimento. Uno sgarro, un pizzo rifiutato: ma a Montalbano qualcosa non quadra. Forse il magazzino non è il vero bersaglio. Nel palazzo accanto vivono infatti tali Nicotra e Tallarita, ora carcerato, che “lavora” per i Sinagra, la famiglia mafiosa che si contende il mercato della droga coi Cuffaro. A Marinella intanto, Montalbano ha una nuova vicina di casa. Una giovane e bella torinese, la quale per inciso ha anche un marito, rappresentante per una ditta di computer, continuamente in giro, e una relazione con il giovane Arturo Tallarita…
Il gioco di specchi che Camilleri ha orchestrato è come sempre impeccabile. ci lascia intravedere delle possibili soluzioni, per farci dubitare subito dopo. Sempre più mature, le storie che il grande vecchio della narrativa italiana confeziona vanno prendendo una corposità diversa, in cui oltre all’indagine e ai pensieri di Montalbano vengono tratteggiati con sempre maggior precisione i caratteri e le peculiarità dei colleghi dell’investigatore siciliano, fra i quali spicca Fazio - sempre con la sindrome dell’anagrafe, ma che di libro in libro acquista spessore investigativo e diventa sempre più interlocutore indispensabile nel confrontare le “pinsate” di Montalbano. Anche la fidata Adelina si prende delle libertà che finora ha sempre solo borbottato. Perfino al dottor Pasquano sono concessi attimi di gentilezza che non gli sono consueti. Nel complesso una trama gialla come sempre ben intrecciata, con la quale è possibile anche divertirsi. L’unica cosa che si può forse contestare a Camilleri è l’insistere nel mantenere vivo il fidanzamento di Montalbano con Livia, e il tormentone delle telefonate serali con conseguente litigio. Ma come sempre chiudere un libro di Camilleri, in particolare quelli che vedono protagonista Montalbano, è come alzarsi da tavola dopo aver gustato un pranzo prelibato.