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Il giornalino di Gian Burrasca

Il venti settembre 1905, trentacinque anni dopo l’entrata delle truppe italiane nella Roma papalina, c’è la luna piena e Giannino Stoppani, detto dai suoi nemici Gian Burrasca, compie nove anni. La mamma gli ha regalato un bel giornalino di tela verde - un diario segreto, come si direbbe oggi, ma nel 1905 il termine non era stato ancora inventato - e Giannino, per riempire tutte le pagine bianche, decide di aiutarsi in due modi: inserendoci dei disegni e ricopiandoci alcuni brani del giornalino della sorella Ada, in cui la ragazza svela tutto il suo disprezzo verso un rozzo corteggiatore. Neanche a farlo apposta, Giannino fa leggere proprio quelle pagine al rozzo corteggiatore in questione. Poi, per sfuggire alla gragnuola di rimproveri che gli piove addosso, “la rovina della casa” se ne va a pesca ma, sciagurato com’è, cade in acqua e rischia di affogare. Messo a riposo in camera, dopo poche ore Giannino non ne può più dalla noia, e allora scende in salotto e si nasconde dietro una tenda, scoprendo - e non da meno svelando - il fidanzamento segreto tra la sorella Luisa e un certo dottor Collalto...

Così hanno inizio le prime documentate disavventure del temerario Gian Burrasca, che temerario in fin dei conti non è, essendo soltanto perseguitato - a sentir lui - da una notevole sfortuna. Il ritmo della narrazione è serrato, gli eventi si rincorrono giorno dopo giorno in un crescendo sempre più tragicomico. Infatti le marachelle del povero Giannino, che registra con un accoramento quasi commovente le proprie disgrazie, sono sempre il frutto dell’ingenuità e della buona fede più assolute. “Che ho da fare se tutte le cose, anche le più semplici, mi vanno a rovescio?” scriverà infatti nel suo giornale. Un po’ come lo sventurato Greg in Diario di una schiappa. Solo che Greg vive in America all’alba del ventunesimo secolo, e non a Firenze esattamente un secolo prima. La narrazione è perciò un profluvio di simpatici e coloriti toscanismi e non mancano neanche parole come “iersera” e “ma però”, che nel 1905 erano termini di uso comune e si poteva usarli senza che nessuno li considerasse errori. Ma più che a Diario di una schiappa, stile, trama e contenuti del giornalino richiamano Le avventure di Pinocchio di Collodi. Stesso pathos, stessa epoca, stesso valore pedagogico. E come Pinocchio, anche Il Giornalino di Gian Burrasca fu pubblicato a puntate prima di diventare un classico per ragazzi ed essere raccolto in un unico volume. Questa edizione riproduce la versione che uscì in 55 puntate (1907-1908) sul "Giornalino della Domenica" e che non è stata mai ripubblicata. La successiva edizione in volume, approntata in tutta fretta dall’autore nel 1912, contiene diverse, a volte curiose, varianti che vengono riportate nella Nota al testo. Nonostante l’immortalità e la sacralità che il tempo gli ha conferito, il libro contiene nelle prime pagine un errore diciamo di calcolo, a quanto pare sfuggito sia a Vamba che al suo editore. Quale sarà mai?