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Il labirinto delle perdute

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Nel corso della storia non tutte le donne si sono identificate nella vita domestica. Gertrude Bell era destinata a un percorso ben diverso. Nata nel 1868 in Inghilterra, da una delle famiglie più facoltose, si laurea in Storia alla prestigiosa Università di Oxford e poco più che trentenne compie il suo primo viaggio in Persia, a Teheran. È una vita avvincente la sua, intessuta profondamente con le vicende e le genti del Medioriente, ma poco è rimasto di lei nella memoria collettiva. Perché questo destino? Eppure, l’importanza che ha ricoperto è innegabile, tanto da essersi guadagnata l’appellativo di “madre dell’Iraq”. Ci sono poi donne sulle quali è sceso il silenzio, o che hanno preferito tentare di dimenticare il dolore subito, avendo incontrato un destino terribile: quello delle tante vittime di stupro di guerre lontane o vicine. Questa tipologia di violenza è sempre rimasta relegata al margine degli avvenimenti storici, la sua memoria offuscata. È interessante notare come solo il 19 giugno 2008 il Consiglio di Sicurezza dell’Onu abbia approvato la Risoluzione 1820, in cui si condanna l’uso dello stupro come arma di guerra prevedendo specifiche pene per i responsabili di tali crimini. Eppure, già nell’Iliade di Omero c’è traccia del destino riservato alla donna in tempi di conflitto: il bottino di guerra comprendeva la razzia di donne. E poi ancora, ci sono donne di cui si è persa memoria in quanto per la morale non erano degne di essere considerate. Fra queste, le cosiddette Veneri Vaganti, donne che a seguito della legge Merlin del 1958, si ritrovarono ad esercitare la professione - o meglio la loro unica forma di sostentamento - per le strade e non più all’interno delle case di tolleranza. Cosa accomuna tutte queste donne? Sono state volutamente dimenticate…

Non è un saggio semplice, il nuovo lavoro di Ester Rizzo, con alle spalle ulteriori pubblicazioni dedicate al mondo femminile. In esso, l’autrice ha cercato di riavvolgere il filo delle vite e delle vicende di alcune donne, o gruppi di esse, che sono state dimenticate perché - sostiene - in una società patriarcale, quale era - ed è tuttora - la nostra, è più comodo così. Riavvolgere questi fili, o rammendare i fili spezzati, ha richiesto il ricorso a fonti di vario genere, quali epistolari, carte dei manicomi, archivi della Polizia o dei Tribunali. Nel saggio vengono rispolverate e portate a nuova memoria donne che sono state dimenticate per motivi diversi: donne forti la cui memoria è stata offuscata per aver alzato la voce in una società che le voleva mute (pensiamo a Teresa Meroni, che ha organizzato una protesta contro l’entrata dell’Italia nella guerra che poi sarebbe passata alla storia come prima guerra mondiale), donne vittime di una ceca violenza maschile che si è abbattuta su di loro, donne non meritevoli di essere ricordate a causa dell’onore perduto in una società dove l’essere "per bene" per una donna è tutto, donne sapienti diventate vittime proprio perché sapienti. Il saggio non ha la pretesa di essere esaustivo, non può che presentare una selezione soggettiva; ha inoltre una folta bibliografia per presentarsi il più possibile fedele alla realtà. Leggere le parti del libro dedicate agli stupri di guerra è particolarmente toccante e doloroso pensando alle guerre recenti e a quelle tuttora in corso: “Il corpo di una donna violentata diventa un campo di battaglia rituale, un terreno per la parata trionfale del vincitore. L’atto compiuto su di lei è un messaggio trasmesso da uomini ad altri uomini: una vivida prova di vittoria per gli uni e di sconfitta per gli altri”.