
Si parte dall’Islanda occidentale incontrando lo Snæfellsjökull, a guardia della penisola di Snæfellsnes: questo vulcano è anche un ghiacciaio. Non è l’unico, come molti dei vulcani islandesi anche questo è un vulcano sub-glaciale, ovvero sorge sotto un ghiacciaio; una particolare caratteristica che, in caso di eruzione, può causare affascinanti ma pericolosissime inondazioni d’acqua. Per questo gli islandesi nel trovare un nome a questo vulcano hanno fuso la parola Snæfell, ovvero montagna di neve, con la parola jökull, che vuol dire ghiacciaio. Questo vulcano, protagonista di molte storie e racconti, sembra nascondere i segreti dell’universo, ed è forse per questo la cima emana fumi ipnotici, che arrivano direttamente dal centro della terra. Proseguendo il giro squisitamente antiorario, ci dirigiamo verso il sud dell’Islanda e incontriamo l’Eyjafjallajökull - Ghiacciaio dei Monti delle Isole, dall’unione di eyja (isole), fjalla (montagne) e jökull (ghiacciaio) e la cui pronuncia in italiano potrebbe essere più o meno eiafiatlaiòcut -, vecchissimo vulcano che un bel giorno in tempi recenti ha deciso di risvegliarsi per diventare famoso. Il 20 marzo 2010, dopo 187 anni di inattività e tanti anni di agitazione sismica, l’l’Eyjafjallajökull si è destato, prima in maniera molto poetica e gentile, con lente colate di magma plurifotografate, che sono costate la vita a due fotografi troppo audaci, poi più decisamente: l’eruzione a conti fatti ha causato l'evacuazione di circa 600 persone, con loro Helga, costretta a lasciare per un po’ la sua fattoria, ma ancora oggi saldamente e orgogliosamente lì, nonostante la minaccia costante e imprevedibile del vulcano. La nube di ceneri vulcaniche generata dal risveglio del vulcano fu quella che il 15 aprile del 2010 portò alla chiusura degli spazi aerei e di vari aeroporti di alcuni paesi dell'Europa centro-settentrionale. Tagliando poi l’isola per gli altipiani centrali si arriva al cratere di Askja. La regione in cui si trova questo vulcano è raggiungibile solo in fuoristrada, per pochi mesi l’anno, motivo per cui è rimasta per lo più ignota fino all’eruzione del 1875 che culminò nella formazione del pittoresco Viti, lago di acqua sulfurea, cratere minore dell’Askja, e della caldera che è oggi occupata dal secondo lago più profondo d’Islanda, l’Öskjuvatn nella bocca principale dell'Askja. Da lì si sprigiona tutto il mistero che avvolge ancora oggi la spedizione Von Knebel nel cratere di Askja...
L’Askja è uno tra 47 vulcani descritti da Leonardo Piccione ne Il libro dei vulcani d’Islanda. Storie di uomini, fuoco e caducità ed è sicuramente, tra quelli che ho visitato personalmente, il vulcano più affascinante. Un cammino impervio, da fare attrezzati di pazienza e mezzi adeguati, non mancano i fiumi da guadare e i grossi massi funerei e lunari da solcare, che solo vagamente possono essere definiti come una pista, men che meno una strada, e agli aggiuntivi 30 minuti a piedi da fare, una volta lasciata la 4X4, dal rifugio al vulcano, calpestando probabilmente un campo di lava che può essere ricoperto di neve anche in pieno agosto. La stessa pazienza da dosare per mantenere la curiosità vigile e il cuore aperto per apprezzare l’Öskjuvatnla, caldera del vulcano, che non è un cono né una montagna, ma un lago colmo d’acqua cristallina, incastonata in un paesaggio mozzafiato. Poco prima troverete il cratere Viti, un altro piccolo gioiello di lago, ceruleo e lattiginoso, sufficientemente caldo da fare un bagno, ma dopo una ripida e fangosa discesa delle sue pareti di roccia. Leonardo Piccione è al suo libro d’esordio, e con Il libro dei vulcani d’Islanda. Storie di uomini, fuoco e caducità racconta le storie - fatti di cronaca e leggende, visioni e ispirazioni legati ed eventi del passato, presenti e futuri -, di quarantasette vulcani, ognuno con la sua scheda tecnica introduttiva dal sapore scientifico. Le sequenza di informazioni tecnici e racconti ci restituisce un ipnotico campo lungo dell’anima rovente dell’Islanda, una delle isole vulcaniche più attive del mondo. Le storie dei vulcani sono soprattutto storie di attesa, uno stato d’animo tutto islandese, celebrazioni della speranza e insieme del timore che ogni cambiamento porta con sé. “Mi sono reso conto che gran parte degli spunti che avevo raccolto avevano in qualche modo a che fare con l’attesa, con la tendenza molto islandese di vivere in uno stato di costante sospensione. Aspettare la prossima tempesta, o il ritorno del sole dopo settimane; aspettare l’inverno, poi di nuovo l’estate. Aspettare, soprattutto, la prossima eruzione vulcanica”, ha raccontato l’autore in una recente intervista a “L’Indiependente”. Attesa ed insieme caducità e irrequietezza, come scrive nella prefazione l’autore: “I vulcani sono la manifestazione più evidente dell’inquietudine del creato”. Il libro è un raffinatissimo catalogo dei vulcani d’Islanda e delle loro storie, vicende avvenute vicino o a causa di vulcani, dove la narrazione è in perfetto equilibrio tra minuziosità scientifiche e avventura, realismo e fantasia. Il senso di equilibrio profondo caratterizza anche il progetto grafico e le illustrazioni che completano il libro, a cura di xxystudio che è partito da una palette di colori tutta islandese, virata verso i toni pastello, e dalle mappe altimetriche reali di ciascun vulcano, trasformandole in 47 piccole opere di arte astratta. Un piccolo capolavoro da non perdere.