
Lorenzo Padovani è stato scelto per la cattedra di Storia e Filosofia nel prestigioso privato liceo Modigliani, un campus creato nel cuore di Milano. Dall’edificio si vede l’affascinante moderno skyline della città: qui, come in una serra, con sistemi sofisticati e avveniristici metodi didattici vengono cresciuti i rampolli che - per nascita e portafogli - saranno la classe dirigente di domani. Figli di ministri, di archistar e quell’altissima borghesia che ha sostituito nella gestione del Paese il ruolo che un tempo competeva alla nobiltà. Un incarico più che giustificato dal curriculum studiorum di Padovani ma che, complice la giovane età e il suo idealismo, si dimostra molto più complicato del previsto. Non lo mette sull’avviso neanche il lungo e articolato discorso di benvenuto che gli fa il dottor Minelli, Preside ed eminenza grigia (benché palesissima) del campus. Le regole draconiane che gli vengono esposte sono subito violate dall’approccio di un’altra neofita dell’insegnamento, Milena, cattedra di matematica e scienze. Come due adolescenti impegnati nella prima grande avventura, legano inevitabilmente cercando di sopravvivere insieme alle regole che sono rigidissime anche per gli insegnanti, confinati in alloggi predisposti ben distanti da quelli degli studenti. La socializzazione è poco gradita, ma solo perché non può essere vietata e gli standard devono restare altissimi. Esistono regole senza eccezioni? No, ovviamente, e la cosa gli diventa chiara al primo approccio con gli studenti, alcuni inopinatamente certi della loro predestinazione, altri che giocano la carta dei lombi da cui provengono, qualcuno che sembra decisamente fuori contesto. Ma nella sua visione, si tratta comunque di ragazzini con le stesse problematiche di ogni ragazzo che si appresta ad affrontare il percorso per diventare adulto...
C’è il morto. E forse – lo si saprà solo alla fine – c’è un assassino. Ma per quanto il plot noir/giallo sia ideato benissimo, non è il focus del romanzo. Ancora una volta Alessandro Berselli descrive e cerca di portarci dentro un mondo che teoricamente dovremmo conoscere e invece diventa sempre più complicato e inaccessibile agli adulti ogni anno che passa. Quello dell’adolescenza e dintorni, sì. Già Giorgio Gaber (e scusate se è poco!) ci aveva scritto una canzone – Cronometrando il mondo – e Berselli segue la scia impeccabilmente. Non è certo il primo romanzo in cui i protagonisti/antagonisti sono i ragazzi, descritti magistralmente nelle loro contraddizioni, nel loro tentativo di imporre la loro presenza e urlarla a un mondo di adulti distratto e opprimente. Nessuna contraddizione, la spinta a raggiungere degli obiettivi sempre più ambiziosi oggi è fortissima e la “colpa” forse non è solo dei tanto vituperati social. È fuor di dubbio che se mancano i punti di riferimento, ognuno si cerca i suoi laddove manca il dialogo e dove l’ascolto è inesistente.