
Aristotele ritiene che lo scopo dell’esistenza umana sia il conseguimento della felicità e che per raggiungere tale obiettivo sia fondamentale realizzare il proprio potenziale. Occorre lavorare sul comportamento al fine di realizzare “la migliore versione possibile di se stessi”. Occorre senso di responsabilità. La felicità, in fin dei conti, è una scelta e come tale scaturisce dal percorso di vita che è stato predisposto da ciascuno, e implica agire in modo retto. La responsabilità morale individuale e la pianificazione della vita sono le basi per realizzare la felicità: “Se noi, in quanto esseri umani, non sfruttiamo le nostre capacità di agire esercitando le nostre capacità razionali, allora non realizziamo le nostre potenzialità”. Ciò implica che si debbano coltivare le virtù umane, le qualità, per contrastare i vizi. La cooperazione tra individui, le azioni virtuose, segnano la strada verso la felicità. Aristotele non impone regole rigide, la flessibilità è insita nelle sue prescrizioni. Si deve sviluppare la capacità critica di analizzare ogni situazione e valutarne le conseguenze. La felicità è connessa all’amore e al rispetto per se stessi, le proprie capacità, la propria dignità. Al contrario l’immoralità porta infelicità, l’anima degli infelici è combattuta, infatti il Bene è semplice e chiaro, mentre il Male assume varie forme e crea conflitto. La dynamis corrisponde a un lungo e costruttivo processo di autosviluppo, un percorso che porta a sviluppare attitudini e capacità, che va stimolato e guidato, in quanto tutto ciò che esiste possiede una ragione, un fine per cui è stato creato. Niente ha più valore della scoperta della potenzialità naturale di un individuo. Ogni individuo ha diritto a sviluppare il suo potenziale, anche se per varie ragioni non sempre ha la possibilità di farlo. In questo stato di cose entra in gioco la società, che attraverso l’istruzione dovrebbe garantire a tutti i cittadini le stesse risorse al fine di guidarli e aiutarli a raggiungere i loro obiettivi, inclusa la felicità…
“Nessuno direbbe beato chi non ha una briciola di coraggio, di temperanza, di giustizia, di saggezza, ma temesse le mosche che gli ronzano intorno, non fosse capace di astenersi dai peggiori eccessi quando è in preda ai desideri di mangiare e di bere, e per due soldi vendesse gli amici più cari”. Lo stagirita Aristotele, vissuto nel IV secolo a. C., secondo la tradizione figlio del medico Nicomaco, è grazie all’influenza paterna che si avvicinò agli studi e all’analisi del mondo e dell’uomo, interessandosi di scienza, biologia, filosofia, logica. Alla morte dei genitori, Prosseno, divenuto suo tutore, lo manda ad Atene presso l’Accademia fondata da Platone, è qui che il giovane porta avanti i suoi studi fino alla morte del maestro. Diviene precettore di Alessandro Magno e in seguito fonda una scuola, il “Peripato”, così definito in quanto secondo la tradizione Aristotele insegnava durante delle passeggiate, convinto che il movimento aiutasse a comprendere e imparare più facilmente. Le opere che lo stagirita ha lasciato riguardano scritti sull’anima, sull’etica, testi di logica, fisica, metafisica, politica, retorica. Una mole di conoscenze che hanno condizionato tutto il pensiero successivo. Edith Hall, docente di Lettere classiche al King’s College di Londra e rinomata classicista con numerose pubblicazioni alle spalle, attinge ad alcune di queste per esaminare e ricostruire i precetti aristotelici legati allo sviluppo del benessere emotivo dell’uomo, al raggiungimento della felicità. L’Etica Nicomachea e l’Etica Eudemia “compongono un manuale pratico di istruzioni alla moralità”. La studiosa dichiara di avere imparato molto “dalle conversazioni con ottimi aristotelici, classicisti e filosofi” che le hanno permesso di portare a compimento quest’opera. La Hall ha ottenuto nel 2014 la “Erasmus Medal”, onorificenza concessa dall’Academia Europaea per gli alti livelli didattici e di ricerca. È la prima donna a esserne insignita.