
Sperava di essere al sicuro almeno in auto, ma niente. Quando le è arrivato il primo pugno aveva circa quattro anni - e il mostro ha fermato la macchina per girarsi e picchiarla forte - e si trovavano nella Due Cavalli rossa con il tettuccio verde. Anche oggi, che di anni ne ha sei, pare sia il suo turno. Non c’è un motivo valido. È così e basta. Già dal mattino, quando la vede in cucina, il mostro l’accusa di aver la bocca grossa e Morwenn la sfanga solo perché deve correre a scuola. Ma più tardi non potrà sfuggirle e il mostro la colpirà ancora e ancora. Il mostro è sua madre e Morwenn la odia. La vede come un mostro ciccione con i capelli lisci e scuri e la carnagione bianca. Ai piedi porta Birkenstock tutto l’anno e non mostra molta cura nel vestirsi: indossa sempre camicie di seta larghe comperate al mercatino e in estate, ogni tanto mette una lunga gonna plissé. Beve birra Heineken e ogni giorno Morwenn o suo fratello Gwendal gliene devono acquistare una confezione da sei. La domenica si concede vino rosso e ogni volta si ubriaca prima che la bottiglia sia completamente vuota. La domenica è sempre un giorno piuttosto peso, perché la madre non lavora e i ragazzi non vanno a scuola. Se va bene c’è silenzio a pranzo, poi il tenente Colombo in TV e i compiti. Ma, purtroppo, non va bene quasi mai. I tre abitano nel Sud-Est della Francia, al secondo piano di una piccola palazzina e, ogni volta che hanno un giorno libero, vanno a Peyrins, dove la donna ha affittato un grande giardino, perché la natura è la sua unica passione e vuole starne immersa ogni volta che può. Si tratta di un giardino un po’ selvaggio in cui c’è sempre parecchio da fare: tagliare il prato, sfoltire gli alberi, togliere le erbacce. Purtroppo, il mostro arriva anche lì, pronto come sempre a offendere e a umiliare, tra calci, pugni, spinte e schiaffi violenti...
Una volta conclusa la lettura, le parole di questo libro continuano a rimbalzare nella mente e a creare un dolore sordo, simile ad un pugno improvviso nello stomaco. È un affanno che non trova lenimento, che brucia e scortica l’anima fino a farla sanguinare. È lo sconforto che nasce dalla consapevolezza che c’è ancora chi crede che il male arrivi sempre da lontano, mentre a volte – e sono quelle in cui fa più paura - si nasconde tra le mura di casa, quelle mura che racchiudono un mostro convinto di agire “per il tuo bene”. Una donna disturbata e crudele, governata da un demone che la spinge ad annientare tutto ciò che la circonda, primi tra tutti i suoi figli. Li picchia, li umilia, li sevizia, li ferisce fisicamente e a parole; li incolpa, li maledice e non è capace di ammettere i propri errori; li priva della gioia cui ogni bambino avrebbe diritto e della dignità che spetta a ogni essere umano. E allora, “per il suo bene”, una giovane quindicenne, ammaccata e calpestata, riesce a fuggire e ad attraversare mille esistenze - tra delusioni e amore, povertà e solitudine, errori e rivincite - per trovare un equilibrio e un sorriso capace di scaldarle il cuore e di permetterle di ricominciare a vivere. Complimenti al coraggio di Ema Stokholma - apprezzata conduttrice radiofonica e televisiva francese con cittadinanza italiana - che, con il racconto crudo e senza fronzoli di un’infanzia rubata, la sua e quella del fratello, si è aggiudicata la sessantanovesima edizione del premio Bancarella. Un libro che insegna come sia facile vivere ai margini della società, in una condizione di miseria e degrado, tra l’indifferenza generale, anche della scuola e di quelle istituzioni che dovrebbero salvaguardare i più deboli ma preferiscono invece volgere lo sguardo altrove, ove non ci sono rischi. La Stokholma ha dichiarato: “Per il mio bene ho scritto questo libro, per raccontare la mia storia e farmi testimone, sperando che quello che è successo a me e a mio fratello Gwendal non debba capitare ad altri bambini”. Una denuncia, quindi, nei confronti del disinteresse e della noncuranza e, insieme, un potente grido di speranza che sa trasformare una tragedia in un futuro possibile, fatto di calore e di meraviglia.