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Il mio orologio non ha la lancetta degli anni

Il mio orologio non ha la lancetta degli anni

Le immagini si susseguono tra i versi, come un corteo di pensieri che prendono forma, dimensione, si materializzano per descrive una realtà immobile, a parlare è un animo che avverte la sofferenza dentro ogni cosa, il "male di vivere". Scampoli di colore, la neve come polline di Dio nella sua purezza lattea, i pioppi che grattano il cielo, gli occhi come cristalli opachi: segnali di una immobilità metafisica, una visione che raggiunge l’orrore nel ricordo dei corpi bruciati a Mauthausen, dove nei suoi vecchi panni di sottufficiale “... il caporale Adolfo / balla con la morte / un tango argentino”. Ma nella triste angoscia che conduce la sospensione del tempo, come sempre accade nella poesia emerge un segnale di rinascita, una ripresa dei sensi in un risveglio assoluto nei colori della natura, o nel suono quando “Capovolte le lacrime / si scioglie, finalmente, / un pianto dimenticato”. La concezione di uno spazio metafisico torna anche nei rapporti umani, persone che si incontrano, si toccano e si parlano in luoghi indefiniti “Sospeso il tempo / anestetizzato il dolore”. E in questo limbo comprensibile solo attraverso l’analisi delle emozioni del poeta, egli acquista la consapevolezza del valore delle proprie parole, strumento per condurre per mano il lettore dentro il proprio universo, mentre confessa che “Rido e rinasco / nelle mie parole”. Queste ultime sono anche lo strumento indispensabile per descrivere una realtà che da immobile e sofferta, nella mente del poeta si fa sempre più imperfetta, difettosa e confusa come “Polaroid ormai sfumata…”, che consente solo di assimilare delusione. Costantemente le due facce del sapere poetico si intrecciano, per raccontare la sofferenza dell’uomo e la sospensione del suo tempo, “Ogni cosa sospesa / come gelatina liquida / che non corrompe il tempo”. Ne emerge una dimensione fatta di una magia grottesca, come il contesto in cui si svolgono gli spettacoli di un circo, dove il pagliaccio si perde dietro al cane invisibile e l’acrobata manca il suo salto e contemporaneamente un pubblico chiassoso ride...

C’è una questione irrisolta che dà voce alla poesia di Piero Partiti, una riflessione che non si è ancora conclusa e che spinge l’autore a concepire una realtà senza tempo, fatta di uno spazio appena accennato, come appena accennati sono i messaggi che vuole comunicare. La sua è una poesia prevalentemente ermetica, che solo raramente e se proprio è indispensabile acquista un respiro narrativo. Il messaggio è quasi sempre nascosto, da interpretare ma difficile da estrapolare, i versi sono come uno scrigno da aprire, forse in certi contesti addirittura da violare, per avvicinarsi al vero significato che l’autore vuole attribuire alle sue parole. Una poesia, quindi, non certo facile da comprendere, impegnativa e impegnata a sollecitare ulteriore riflessione sui temi già sviscerati dall’autore. Una poesia da leggere più volte per avere il piacere non solo di confermare le proprie impressioni, ma anche per averne altre, in un concetto del tutto mobile dell’opera d’arte. Dopo le prime pagine è inevitabile chiedersi quale sia la vera intenzione del poeta, se veramente egli voglia spingerci in una visione disillusa e per tanti aspetti palesemente pessimistica, oppure preveda per il lettore uno spiraglio di luce, la possibilità di considerare il pessimismo un punto di partenza da cui proseguire attraverso una visione rinnovata della realtà. Una risposta non esiste e probabilmente la stessa domanda rivolta in generale alla poesia non ha mai avuto una risposta, perché sempre il pessimismo di chi scrive in versi ha ricevuto varie interpretazioni. Ma un aspetto è innegabile: la moltitudine di immagini e sensazioni della poesia di Partiti consente di scorgere, anche nei contesti in cui l’autore sembra voler smontare ogni forma di romanticismo tradizionale, una profondità assai appagante. Piero Partiti è socio fondatore e direttore della casa editrice Sillabe di Sale, con sede a Condove in provincia di Torino, una piccola realtà editoriale dove si cerca di valorizzare scrittori emergenti che dimostrano di lavorare a buoni livelli, interessati a un tipo di letteratura basata su una preparazione considerevole. Oltre a questa silloge poetica, sempre con la sua casa editrice l’autore ha pubblicato nel 2016 la raccolta di racconti Non appendere mai i pensieri all’attaccapanni e nel 2017 il romanzo thriller Sebastian de la mala suerte.