
7 giugno 1826, Galles. In un estuario vicino all’antica città fortificata di Pembroke, tra gli applausi e i commenti gioiosi delle maestranze che l’hanno costruita e delle loro famiglie, si festeggia il varo della nave “HMS Erebus”, commissionata tre anni prima e penultima nave da guerra del tipo denominato “bombarda”. Si tratta di navi ormai un po’ obsolete nella concezione, tutte usate per ospitare cannoni e mortai e battezzate con nomi legati alla devastazione e al fuoco: Erebo infatti per la mitologia greca è figlio del Caos e personificazione dell’inferno. Alla costruzione della “HMS Erebus” hanno sovrinteso il capo-carpentiere navale Thomas Roberts, il maestro d’ascia Richard Blake ed Edward Laws, ispettore dell’arsenale. La nave è stata costruita quasi interamente a mano nell’arco di venti mesi, per un costo complessivo di 14.603 sterline dell’epoca, circa 1,25 milioni di sterline di oggi. Dopo il varo a Pembroke, com’è consuetudine, la “HMS Erebus” viene portata in un altro cantiere dell’Ammiragliato per essere armata. Non ha ancora alberi e vele, quindi viene rimorchiata fino a Plymouth, dove vengono caricati due mortai, otto cannoni da ventiquattro libbre e due da sei libbre, oltre all’alberatura. Poi rimane in stand by per ben diciotto mesi, finché il 21 febbraio 1828 entra in servizio al comando di George Haye: la sua missione, pattugliare il Mediterraneo, cosa che fa per molti mesi senza particolari problemi finché nel 1829 il comando passa a Philip Broke, che nonostante svolga numerose esercitazioni belliche non ha occasione di partecipare a nessuno scontro e il 26 giugno 1830 (giorno peraltro della morte di re Giorgio IV) conduce – immaginiamo un po’ a malincuore – la “HMS Erebus” a Portsmouth, dove cessa di essere una nave da guerra. Torniamo però un momento indietro nel tempo, al 1818. Lo scozzese John Ross, dopo una carriera precoce e notevole, viene in quest’anno nominato comandante della “HMS Isabella” con la missione di esplorare l’Artico alla ricerca di un Passaggio a Nord-Ovest. Nell’equipaggio ha voluto come cadetto anche suo nipote, il diciottenne James Clark Ross, che ha ricevuto una educazione navale eccellente e ha imparato anche moltissimo sugli ultimi progressi scientifici nel campo della navigazione e dell’elettromagnetismo. Al comando della “HMS Trent”, un’altra nave inviata al Polo Nord, c’è invece il trentaduenne John Franklin, reduce delle guerre napoleoniche. Ross e Franklin ancora non lo sanno, ma la loro vita sarà legata strettamente all’esplorazione polare e soprattutto alla “HMS Erebus”, che comanderanno nei suoi due viaggi più celebri e importanti…
La tragica e per certi versi misteriosa storia della spedizione di Sir John Franklin del 1845 nell’Artico canadese alla ricerca del Passaggio a Nord Ovest è stata raccontata molte volte e ha anche ispirato il magnifico romanzo fantastico The Terror di Dan Simmons, dal quale è stata tratta anche una miniserie televisiva. Ma il recente ritrovamento nei pressi dell’Isola di Re Guglielmo delle due navi protagoniste della spedizione, la “HMS Erebus” – individuata dal Parks Canada’s Underwater Archaeology Team (UAT) il 2 settembre 2014 nella Wilmot and Crampton Bay – e la “HMS Terror” – trovata da una spedizione della Arctic Research Foundation nella Terror Bay il 3 settembre 2016 – ha riacceso l’interesse del pubblico per questa affascinante, drammatica vicenda. Qui però arriva la prima delle tante sorprese che ha in serbo per noi questo saggio avvincente: alla spedizione artica della “HMS Erebus” e della “HMS Terror” sono infatti dedicate solo le ultime 100 pagine del libro, che ne ha 350 complessive. L’operazione di Michael Palin – alias Sir Michael Edward Palin, ex membro dei Monty Python, host di numerose popolari serie britanniche di documentari e dal 2009 al 2012 Presidente della Royal Geographical Society – è infatti più originale e ambiziosa di quanto non possa sembrare da come la si presenta in Italia. La sua è la biografia di una nave (la “HMS Erebus”) dalla progettazione alla scomparsa, non un’analisi dell’esito disastroso della spedizione Franklin. Non a caso il titolo originale del volume è il chiarissimo e senza ambiguità Erebus: the story of a ship, da noi tradotto con un furbesco Il mistero dell’Erebus, che però rischia di giocare un brutto tiro al lettore promettendogli qualcosa che non troverà. Certo, l’autore riassume le ipotesi più concrete riguardo al fato di Franklin e dei suoi uomini – intossicazione alimentare, botulismo, avvelenamento da saldatura nel cibo in scatola o nelle tubature; scelte scriteriate o sfortunate nella rotta; attesa troppo lunga a bordo delle navi intrappolate nei ghiacci; colpevole incomunicabilità con gli inuit locali; psicosi collettiva; scorbuto – ma racconta soprattutto altro. Racconta l’epopea antartica della “HMS Erebus” e della “HMS Terror”, un viaggio che ha dell’incredibile, condotto in condizioni proibitive e pericolosissime durato tre anni al comando di James Clark Ross e Francis Crozier, racconta le dinamiche interne all’equipaggio, la vita difficile e alienante a bordo, le lettere scritte ai familiari, i periodi passati a terra in luoghi esotici e nel XIX secolo davvero di frontiera come la Tanzania o le isole Falkland, persino un briciolo di gossip o almeno di retroscena sentimentali. Tutti particolari che nel caso della spedizione artica al comando di Franklin ci sono pressoché ignoti, non avendo disponibili i diari di bordo e le testimonianze (a parte qualcuna di cacciatori inuit). Palin racconta tutto questo con precisione ma soprattutto con passione. Ha scritto infatti: “Sento la connessione tra allora e adesso. Tra la Erebus e me”. Un afflato che traspare da ogni singola pagina e sa emozionare il lettore e soprattutto ci aiuta a capire – andando in qualche modo oltre la mole di date e dati, documenti, testimonianze – come questa nave piuttosto sgraziata e banale sia diventata un simbolo di sofferenza e coraggio.