
Siracusa, 20 settembre 1968. Nella quinta F, la classe di Annuzza, la maestra dice che il tema è come un pensiero e bisogna scrivere quello che passa per la testa. La bambina ogni mattina va a scuola a piedi, sono quattro chilometri ma lo fa volentieri. Lei è brava con i pensieri è curiosa e studiosa, ma questo a casa non lo dice. I suoi genitori non sono mai andati a scuola e neanche adesso vanno a parlare con la maestra. La sua mamma fa la sarta a domicilio, almeno il suo grembiule è sempre perfetto. A casa di Anna Cannavò non si deve perdere tempo, tutti devono dare una mano, anche lei, i soldi sono pochi e non c’è tempo per i pensieri. Ma Anna pensa e gioca con le parole, per lei sono di due tipi: libere e oppresse, come pure la vita ha due misure: felice e infelice. Questi ragionamenti li tiene per sé o li lascia al suo diario, per sentirsi libera. Una mattina la maestra annuncia che c’è un concorso per chi vuole scrivere a un artista vivente. L’autrice scelta è Anna Maria Ortese, che ha vinto il Premio Strega con L’iguana. Il tema della lettera sarà: “Cara scrittrice, ti racconto la mia giornata”. In classe si fa silenzio, nelle testoline vorticano tante domande e quella più pressante della piccola Cannavò è se il signor direttore dovrà leggere il componimento. Non gli piace quell’uomo, la tratta sempre con altezzosa sufficienza. Che premio ci sarà? La maestra dice che il premio sarà passare una settimana con la scrittrice, a casa sua. Anna non conosce nulla della Ortese e vorrebbe leggere i suoi libri, ma è ancora piccola, non ha la tessera della biblioteca e dirlo ai genitori non porterebbe a nulla e poi deve anche trovare i soldi del francobollo per spedire la lettera fino a Milano. Ha deciso, farà le pulizie in chiesa da don Santuccio. Così il 10 ottobre 1968 Anna Cannavò scrive la sua lettera, spontanea e poetica al tempo stesso e il 20 ottobre il direttore la chiama comunicandole, sconcertato, che il concorso lo ha vinto lei. Andrà a Milano a casa di Anna Maria Ortese…
Simona Lo Iacono con Il mistero di Anna offre al lettore un affresco poetico. Il legame tra la piccola Anna e la Ortese è metafora di quello che l’autrice stessa ha con la scrittrice. La piccola Cannavò e la Lo Iacono hanno tanto in comune, per loro le parole poetiche hanno una strettissima affinità con le parole della vita. La capacità di comprensione del mondo ha sapore sia di paradiso che di inferno. La bambina intuisce come un animaletto, annusa le parole che schiudono questi misteri. Cerca qualcuno con cui parlare per decodificare il mondo profondo dell’animo e spesso lo fa con la maestra. Lo studio preparatorio al romanzo è stato molto approfondito. Tra il 1995 e il 1996, quando la Lo Iacono preparava il concorso per la Magistratura, lesse Il cardillo addolorato: da allora non ha mai lasciato la lettura di tutti i libri della Ortese. Il romanzo si snoda su due piani narrativi: il diario di Annina e la corrispondenza della Ortese con R. e questo porta al lettore una doppia visione. Quella adulta della scrittrice, che nello scambio epistolare con la sua amica, mostra la sua vita a volte difficoltosa, la fatica dello stare al mondo e dello scrivere, che spesso per lei è doloroso. Lo scambio epistolare con R. è essenziale per il romanzo e solo alla fine si scoprirà chi è. L’altro punto di vista è quello della bambina, fresco, curioso, schietto, ma ben consapevole dei ruoli della vita. Il timbro che la Lo Iacono dà alla voce della Cannavò è scanzonato e concreto come i tanti bambini narrati dalla Ortese, all’apparenza con poche speranze, ma pronti a cogliere una buona occasione. Scrivere, secondo la Ortese, è raccogliere ciò che è stato lasciato e sicuramente la sua produzione letteraria andrebbe riscoperta, scevra dalle polemiche passate. Quando la bambina arriva a Milano trova in casa dell’autrice anche sua sorella Maria, che si prende cura della donna come una madre, garantendo con il suo lavoro una certa stabilità economica, fino all’insorgere della malattia degenerativa. Annina lega con questa donna e ne comprende l’affanno. Lei bambina, abituata a darsi da fare in casa, si rivela matura, cucinando, pulendo e riordinando l’appartamento. Non mancherà di ascoltare ogni cosa che dice la Ortese, di osservarla nei suoi momenti bui di doloroso isolamento. Annina diventa una nuova piccola voce sorella, che dalle parole e dal silenzio, concretamente impara a stare al mondo. Anche se siamo nel 1968 la rivoluzione dei costumi non è ancora arrivata in Sicilia, regole e convenzioni sociali sono immutati. Il padre di Anna è disoccupato, ignorante, ma pieno di dignità e si riscontra a pieno quando deve andare a scuola per firmare il permesso scolastico di Anna, per mandarla a Milano. Non sa fare la sua firma e con una croce suggella il suo assenso. Una figura, che non brilla per simpatia, è quella del direttore scolastico. Un burocrate classista, che non capisce il mondo che cambia. Per lui i bambini sono affari da gestire e non piccoli esseri da educare e crescere. A scuola per lui dovrebbero andare solo i figli dei ricchi. È un doveroso omaggio la scelta del volto in bianco e nero che appare sulla copertina del romanzo. Appartiene a una ragazzina fotografata nel 1991 in via Calderai, a Palermo, dalla grande Letizia Battaglia, scomparsa il 13 aprile 2022.