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Il paradiso delle trottole

Il paradiso delle trottole

Biancaneve è una negriera che sfrutta i poveri nani in una bettola in Sardegna. La bella addormentata? Si fa potare, e non solo, dai giardinieri della Brianza, dove ha aperto una clinica per la cura del sonno. Alice e Pollicino, per non essere da meno, trafficano droga in Olanda mentre in Germania la bambina che gabbò il lupo cattivo il cappuccetto rosso lo fa mettere ai suoi clienti. Forse non è troppo distante il campo di lino in cui il grillo e la formica si innamorano e si promettono le zampette. Il loro è un amore infelice destinato a macchioare di sangue l'altare. Tra gli invitati, di certo, la zanzara rompiballe pronta a planare sui nostri polpacci e pizzicarci chiappe e anima. Fiabe per ragazzini, queste, finite decisamente male. Non che alle nuove generazioni vada meglio: un feto (cresciuto) che odia i bambini (“io se vedo un bambino m'incazzo, io se vedo un bambino l'ammazzo, se vedo un bambino in difficoltà me lo mangio e lascio insoluta la difficoltà”), ordinarie storie di bullismo nella periferia di Monza che aprono la porta all'adolescenza oscura, quella che baratta i Topolino per gli Alan Ford, dove “si diceva che i personaggi morivano davvero”; Poi Diana, di giorno ragazza normale e di notte spirito della luna, viaggia sui tetti e osserva il mondo e quel che il Signor Capitale lo ha fatto diventare; come lei vola anche Ciro, che di camminare non ne può più e decide di sfidare la gravità, vincendola. Ma è un fortunato momento.Si tratta solo di alcune delle storielle narrate ne Il paradiso delle trottole – Storie e canzoni per bambini cresciuti e cantate nel cd omonimo della Banda Putiferio, gruppo animato da Daniele Manini e Roberto Barbini sempre in bilico tra narrazione, teatro e ovviamente musica. Un esperimento forse azzardato ma quasi del tutto riuscito, quello di fondere illustrazioni, arte sequenziale e note. Le storie narrate abbandonano le pagine, per fiondarsi nell'immaginario del lettore, più facilmente se lo fanno a tempo di musica, come anche le immagini diventano delle chiavi d'accesso, non sempre mimetiche, per il senso delle canzoni. C'è uno scambio comunicativo non indifferente che a volte degenera in caos mediale (che però si fa perdonare) tanto che risulta difficile capire cosa ha ispirato cosa. Quasi un grande booklet in cui palcoscenico, vignette e testi si contendono l'attenzione del lettore/ascoltatore…
In più, il fascino senza tempo della ninna nanna, della filastrocca e della fiaba rimanda all'infanzia, sottile filo rosso che percorre l'opera, saldo e comune a tutti i frammenti che la compongono nonostante l'etoregeneità delle espressioni e dei ritmi. I “bambini cresciuti” del sottotitolo possono essere i bravi musicisti della Banda Putiferio o gli altrettanto pregevoli artisti che hanno ritratto i volti delle canzoni; soprattutto, però, sono una specie di nuova, coloratissima, casta di intellettuali low cost e low budget che utilizzano con sapienza la ballata popolare e il fumetto per dire molto e molto bene. Tutte le nuvolette de Il paradiso delle trottole sottolineano l'importanza e la centralità del racconto svincolandolo dalla forma di cui si veste o dall'arte utilizzata per declinarlo. Spesso scimmiottando Esopo o La Fontaine, questi tizi devoti al pop-olare – ma con i piedi ben ancorati a terra – potrebbero ri-educare a suon di strimpellate e scarabocchi i bambini di oggi, che si addormentano davanti all'ultima console piuttosto che ascoltando le più impegnative “c'era una volta” e/o “vissero felici e contenti”. La Banda Putiferio parla di un'infanzia non sempre semplice, magari maltrattata o peggio sottovalutata, di favolette classiche dall'unhappy ending, bimbe dalla faccia d'angelo che si ritrovano a calcare i marciapiedi. C'è spazio anche per i mali sociali a cui ormai siamo tristemente abituati: il precariato, l'insicurezza, il predominio del denaro. Niente dolcificante, dunque, ma è proprio la sincerità di questa letteratura sporcata di colore e pentagrammi a rendere tutto il volume, paradossalmente, meno amaro.