
L’islandese Steinar di Hlíðar, contadino, artigiano della pietra e del legno, vive tranquillo con moglie e due figli, un maschio e una femmina. Le sue proprietà le ha ereditate e brillano per cura e bellezza. È un uomo d’ingegno, con l’animo di un poeta. Nell’Ottocento gli islandesi sono noti per essere il popolo più indigente d’Europa: contadini e pescatori, ma a sentirli parlare, diventano tutti eredi di eroi e poeti, hanno sangue reale e sono i veri discendenti di quell’età dell’oro di cui, però, non ci sono tracce. Steinar possiede un cavallo grigio di nome Nevischio, che ha dalle capacità soprannaturali, quasi magiche. È considerato il migliore di quei luoghi e la sua bambina le è molto affezionata e spera di poterlo cavalcare presto. In molti hanno provato a convincere il contadino a venderlo, in particolare l’arricchito e arrogante delegato Björn di Leirur, ma Steinar è irremovibile. Non vorrebbe privare i suoi bambini di quella compagnia. Per togliersi d’impaccio, saputo che il re Cristiano figlio di Guglielmo di Danimarca giungerà in visita in Islanda, decide di farne omaggio a lui. Per questo si mette in viaggio lasciando a casa la famiglia. Tutte le città sono in fermento per l’arrivo del re. Presso la gola di Pingvellir un capannello di gente si è raccolto, in ascolto. Anche Steinar è giunto lì e sente in lontananza dei versetti della Bibbia. Un uomo che parla, dall’apparenza malmessa, capelli scarmigliati, colore terreo della pelle e dalla risposta pronta. Non è lì per vendere qualche cosa, porta il Verbo di un nuovo profeta, Giòsef Smit, che contraddice Lutero e il Papa. L’oratore è un mormone e decanta la via religiosa da lui scelta: il battesimo per immersione e la poligamia. Steinar seppur perplesso lo ascolta e sarà proprio questo vescovo scalcagnato a proporgli un nuovo cammino in America….
Halldór Laxness, premio Nobel per la Letteratura nel 1955, con Il paradiso ritrovato ci fa viaggiare dall’Islanda alla Danimarca per arrivare nello Utah americano. Il protagonista Steinar di Hlíðar affascina per il suo modo di vedere la vita. Con semplicità e poesia, ironia e disincanto. Grande è la sua maestria con il legno, tanto da costruire uno scrigno, pieno di cassetti e scomparti, che si apre soltanto recitando una poesia in versi islandesi da lui composta. Non ama il potere e i potenti, si attiene a regole antiche, ai sacri valori degli antenati. Capisce che i tempi stanno cambiando dall’importanza via via più grande del denaro e di ciò che con esso si può comperare: cose, persone e omertà. Steinar non riesce ad essere vendicativo, neanche con Björn di Leirur, mascalzone patentato che violerà la sua figliola adorata. Anche il re e la corte lo deluderanno, vedere il suo prezioso cavallo Nevischio trattato come un giocattolo per bambini lo ferisce e pensare che lo aveva donato con amore e sacrificio. La via dello Utah e della nuova fede lo anima, cerca in questa religione quell’armonia che da sempre ha nel suo animo. Il Regno Millenario di Salt Lake City lo mette alla prova. Anche se la comunità è poligama, lui pensa a costruire una vita, una casa migliore per la sua famiglia. Non si cimenta in relazioni, lavora sodo e accresce la sua stabilità economica. È solito accettare una tazza di caffè offerta da mani gentili di donna e niente altro. Una considerazione va fatta sulla condizione femminile e sui diritti che le donne avevano a quell’epoca, decisamente pochi. Il giudizio sociale e lo stigma della poca serietà sono sempre in agguato. In tutto questo viaggio Steinar, nonostante le disillusioni, non ha mai perso l’amore per la pietra. Lavorandola a perfezione per costruire case e muri, trova quell’ordine e quell’armonia di cui ha intimamente bisogno.