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Il parlamentare

ilparlamentare

Archibald Jobbry, dopo aver passato venticinque anni in India ed essere riuscito a mettere da parte un discreto gruzzolo, torna nel Regno Unito e compra una bella tenuta in campagna, con l’obiettivo di darsi alla vita rurale. Ben presto, però, comincia a essere assillato dalle richieste di aiuto di parenti vicini e lontani, ad un ritmo che rischia di essere insostenibile anche per i suoi mezzi. Per uscire da questa situazione, gli viene l’idea di entrare in politica. Mobilitando le sue conoscenze a Londra, riesce a comprare un seggio in una circoscrizione elettorale periferica e corrotta. Comincia così la sua carriera, che lo vede districarsi con perizia in tutta una serie di affari che hanno assai poco a che fare con le convinzioni politiche e molto con l’arricchimento personale. Tra una raccomandazione e un’altra, Jobbry riesce anche a difendere i suoi privilegi dai tentativi di coloro che vorrebbero farsi eleggere al posto suo, passando indenne attraverso vari cambiamenti di governo. Certo, all’orizzonte sembra profilarsi minacciosa l’onda lunga del cambiamento promossa dagli eventi della Rivoluzione Francese: si parla infatti di proposte di riforme che potrebbero ad esempio ridisegnare la mappa dei collegi elettorali, abolendo tra gli altri proprio quello in cui Jobbry è riuscito a radicarsi con le sue abili manovre…

Il parlamentare, pubblicato nel 1832, è considerato il primo romanzo politico scozzese e offre un ritratto spietato del livello di corruzione del Parlamento inglese nell’Ottocento, tratteggiando un quadro che purtroppo presenta più di una analogia con quella che è la situazione dei giorni nostri. Scritto in prima persona, il romanzo è centrato sulla figura del protagonista, il cui nome stesso è tutto un programma, essendo costruito dall’unione dei termini inglesi job (lavoro) e robbery (rapina). In effetti, l’unico lavoro che Jobbry sembra impegnato a svolgere è quello di distribuire incarichi e approfittare, nel modo più discreto ed elegante possibile, dei vantaggi e dei fondi pubblici. Il fatto che sia lui stesso a raccontare le sue gesta, non cercando in alcun modo di nasconderle ma anzi dandole per ovvie e scontate, conferisce al libro un tono di graffiante, per quanto amara, satira. La capacità di Galt di mostrarci con feroce ironia tutta la corruttela della classe politica è senza dubbio il motivo di maggiore interesse del romanzo, ma finisce per rappresentarne anche il maggior limite. Troppo preso dal suo obiettivo di fornire al lettore materiale su cui riflettere, Galt sembra infatti trascurare il fatto che un libro deve anche intrattenere e appassionare il lettore: in questo modo il suo finisce per essere un romanzo a tesi che ha un certo valore come documento storico, ma che non riesce mai ad appassionare davvero.