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Il passaggio - Trasfigurazione

Il passaggio - Trasfigurazione

Sibilla si presenta alla sua interlocutrice silenziosa dandogli del tu. Del resto, anche lei lo fa: mentalmente, ma lo fa. È dispiaciuta per la donna, perché sa che ha versato lacrime per causa sua. Le chiede coraggio, le chiede un confronto, sempre che lei si ricordi della sua faccia e dei suoi occhi. È sicura che al suo pensiero tremi e la stessa cosa vale per lei, che è anche bianca come un cencio. L’importante è che lei sia forte e che legga questa lettera, perché è necessario e fondamentale che le scriva, che le dica quello che prova e quello che sente. Deve leggere con calma, perché è una missiva che porta sofferenza, esattamente come ella stessa soffre mentre scrive. Non è necessario avere paura o quanto meno è importante vincerla. La sicurezza del suo animo la aiuta in questo, la sprona. Ormai, dubbi non ne ha più. Sibilla è certa del suo cuore e le parole scritte su quei fogli vanno lette in solitaria, perché sono feroci. Circa un mese è passato da quando l’altra donna ha pianto per colpa sua. Glielo ha riferito proprio suo marito, le ha riferito la disperazione di sua moglie e l’abilità avuta nel calmarla. In verità, anche Sibilla soffre e il marito della donna, che, però, non può vederla piangere. Questo è il motivo per cui scrive, per comunicarle apertamente la sua sofferenza. Che non si spaventi, per favore! Che non fugga di fronte a quelle parole, che continui a leggere, perché deve sapere. Suo marito le vuole bene, lei è certa di questo, quindi, che non tremi per la paura di perderlo, per carità. Gli sono particolarmente care anche le sue bambine. Questo lo ha compreso vedendoli insieme e glielo ha detto proprio l’uomo, quando lo ha visto l’ultima volta. Dopo che ha pianto, per colpa sua, ha ricevuto una lettera da suo marito. Sì, perché lui le scrive e le dice che ha compassione per quella moglie che piange. Anche lei lo ama, anche Sibilla ama il marito della donna. Sembra quasi dirlo a se stessa. Non lo sa? Forse lo immagina. Quello che sicuramente non sa, è che si tratta di un amore grande, forte, ineguagliabile e questo deve scriverlo, perché è giusto che una moglie lo sappia…

Trasfigurazione è una novella che nasce dalla delicata e allo stesso tempo ruvida penna di Sibilla Aleramo. “Questa novella — l’unica ch’io abbia scritta — comparve nel 1914 in un fascicolo della Grande Illustrazione ora introvabile. Esce in questi giorni in Francia, in fondo al volume che contiene la traduzione del Passaggio compiuta in modo mirabile da Pierre-Paul Plan, nobilissimo amico mio e dell'Italia. C'è fra i miei lettori fedeli qualcuno che non ha letto Trasfigurazione, e che scherzando m'ha chiesto se essa dovrà subire la sorte di quella tale opera di Diderot che venne ritradotta dal tedesco perché l'originale francese era andato perduto. A rassicurarlo ecco questa edizioncina”. L’edizioncina di cui Sibilla parla in questa nota è quella pubblicata nel 1922 da R. Bemporad & Figli. In realtà, la scrittrice scrive la novella nel 1912, quando - ormai trentaseienne - ha già alle spalle un matrimonio fallito e delle relazioni più o meno importanti. In quello stesso anno, la Aleramo inizia una relazione con Giovanni Papini, che nasce da un rapporto iniziale di profonda amicizia. Tra i due vi è sin da subito una corrispondenza costante e continua, che non smette di essere nemmeno di fronte ai sospetti della moglie, che gli chiede di chiudere quel rapporto per non minare la tranquillità famigliare. Questo Trasfigurazione è una novella breve, scritta in forma epistolare, come lettera aperta indirizzata alla moglie del suo amante. Giacinta è una bella donna, ma è semplice e di scarsa cultura. Attraverso le sue parole, Sibilla non solo confessa alla donna i sentimenti che prova per suo marito, ma mette a fuoco anche la propria identità femminile, totalmente differente da quella dell’altra. In quegli anni, prende forma il suo essere donna e la sua individualità femminile. Questo è il motivo per cui questo scritto, se pur di minore importanza rispetto agli altri, assume un ruolo rilevante nella produzione letteraria, in quanto coincide con la sua maturità non solo letteraria, ma anche del suo femminino. Colpisce l’altalenarsi del tono che usa la Aleramo tra il materno e il crudo quando si rivolge a Giacinta. Da una parte le riserva delicatezza e dolcezza, quasi a sostegno del suo dolore, dall’altra, usa parole dirette e aspre per riferirle della relazione che intrattiene con suo marito. La penna scorre decisa tra i righi, non teme di ferire Sibilla e non ha paura a esternare i propri sentimenti. Forte e gagliarda, come la vita l’ha modellata.