
“Heil Mary!”, la nuova, provocatoria scultura di Max Fontana - il più grande artista del mondo (dopo Adolf Hitler) - sovrasta il Colosseo lasciando basiti e scioccati i passanti. L’esponente della “Nazi Pop-Art” ha fatto centro ancora una volta. È un genio, un artista e un provocatore. Critica e pubblico o lo osannano o lo demoliscono, non ci sono vie di mezzo. A Fontana del resto va bene così. Non importa se gli si dia del nazista, del senza Dio o del criminale. Tanto lui risponde sempre in modo contrastante, a seconda degli umori del momento, confondendo tutti. Pur non essendo nazista, Max ha la svastica facile. Basta la sua firma, il “ragno svastico”, e anche l’oggetto più insulso diventa un capolavoro. “Mica pizza e fichi”, “Croce in croce”, “Guardaroba dei morti” sono solo alcune delle sue meravigliose creazioni. Persino l’omicidio diventa arte, con Fontana che riprende la “lezione” di Joker-Nicholson nel film “Batman”. Ma la massa non sembra aver compreso questa sua ultima prodezza …
Avevamo lasciato Massimiliano Parente a contorcersi su un pavimento, seviziato e annientato nel (dis)evoluzionistico e alienante L’inumano, e ora eccolo in ottima forma, un Übermensch dotato di un ego ipertrofico, un bambino che ha tra le mani il mondo e ci gioca a suo piacimento, un animale circense che allo stesso tempo incute timore e compassione: Max Fontana, ibrido nazi-fumettistico che si autoproclama “il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler”. Parente dipinge con pennellate convulse un ritratto impietoso e grottesco dell’homo sapiens, animale in continua decadenza fisica e morale, volgare e pretenzioso, grezzo ma con buon gusto, totalmente dimentico del proprio essere materia, tendente all’empireo (almeno fino al prossimo drink, quello che lo farà stramazzare al suolo in una pozza di vomito) mentre Fontana e i suoi amici più stretti, co-protagonisti invisibili del romanzo - da Dexter Morgan a Friedrich Nietzsche, da Darth Fener a Andy Warhol, passando, ovviamente, per Adolf Hitler - brinderanno al nulla, un nulla che ci avvolge tutti, come un “empaquetage” di Christo. Senz’altro artistico, senz’altro inevitabile.
Avevamo lasciato Massimiliano Parente a contorcersi su un pavimento, seviziato e annientato nel (dis)evoluzionistico e alienante L’inumano, e ora eccolo in ottima forma, un Übermensch dotato di un ego ipertrofico, un bambino che ha tra le mani il mondo e ci gioca a suo piacimento, un animale circense che allo stesso tempo incute timore e compassione: Max Fontana, ibrido nazi-fumettistico che si autoproclama “il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler”. Parente dipinge con pennellate convulse un ritratto impietoso e grottesco dell’homo sapiens, animale in continua decadenza fisica e morale, volgare e pretenzioso, grezzo ma con buon gusto, totalmente dimentico del proprio essere materia, tendente all’empireo (almeno fino al prossimo drink, quello che lo farà stramazzare al suolo in una pozza di vomito) mentre Fontana e i suoi amici più stretti, co-protagonisti invisibili del romanzo - da Dexter Morgan a Friedrich Nietzsche, da Darth Fener a Andy Warhol, passando, ovviamente, per Adolf Hitler - brinderanno al nulla, un nulla che ci avvolge tutti, come un “empaquetage” di Christo. Senz’altro artistico, senz’altro inevitabile.