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Il poeta e gli antichi dèi

Il poeta e gli antichi dèi

L’Illuminismo ha fatto il suo tempo: l’uomo, l’artista, sfiducia la ragione e si riprende la forza, l’impeto della sua sensibilità. In Germania nasce il movimento dello Sturm und Drang e lo streben (l’impeto, la passione appunto) ne diventa la parola d’ordine. Siamo a cavallo tra Settecento e Ottocento. Il mondo letterario tedesco è dominato da due personaggi che, nel tempo, diverranno pilastri della letteratura mondiale: Johann Wolfgang Goethe e Friedrich Hölderlin. Anche se il primo nasce una ventina d’anni prima, possono ritenersi coevi: entrambi si muovono tra Romanticismo (di cui lo Sturm und Drang è anticipatore) e Neoclassicismo. Il periodo artistico giovanile di Goethe assume tutte le caratteristiche sturmeriane: il recupero del Medio Evo, l’identità tra la natura e l’uomo, il titanismo che, nel giovane poeta, si manifesta in maniera estremamente radicale e superba: “dall’essenza delle cose, della natura che l’artista sa cogliere profondamente, spira il soffio della vita e lo solleva al di sopra della caducità e lo rende un essere che crea e irradia vita e che esige un nome divino e non quello di semplice creatura”. Di tutt’altro avviso Hölderlin che non considera il poeta alla stregua di una divinità ma come colui che, attraverso la poesia (romanticamente concepita come la più alta forma di conoscenza), deve indicare la via per raggiungere la perduta armonia con la natura, anche qui, come nel primo Goethe, approcciata con una concezione panteistica...

Walter Friedrich Otto è stato un filologo e grecista tedesco, attivo dagli ultimi anni dell’Ottocento sino alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso. La sua attenzione è da sempre stata rivolta allo studio dei miti e del pantheon greci. Nel volume in questione, pubblicato in Germania nel 1942, si sofferma sul rapporto tra gli dèi della Grecia antica e i due maggiori esponenti della letteratura tedesca tra Pre-Romanticismo/Romanticismo e Neoclassicismo, Goethe e Hölderlin. Se il pensiero giovanile di Goethe è racchiuso nelle caratteristiche pre-romantiche con opere come I dolori del giovane Werther e Prometeo (il primo in prosa il secondo in versi) la seconda parte della sua vita, dopo il trasferimento a Weimar e soprattutto dopo un soggiorno in Italia (e essersi interessato agli autori latini), è incentrata sul recupero delle tematiche classiche: si allontana dal titanismo (Prometeo è l’opera più rappresentativa in questo senso), si allontana dall’idea del “poeta-divinità” e creatore e percorre il sentiero dell’armonia, non più quindi impeto ma riflessione, contemplazione di sé stesso e della realtà. A questa nuova personalità artistica appartiene la stesura definitiva del Faust, opera che lo ha impegnato per gran parte della vita. Il Neoclassicismo di Hölderlin invece non fa riferimento agli stessi dèi a cui Prometeo si ribella, quindi all’Olimpo di Zeus, ma a Crono e Urano, cioè a chi è venuto prima e da Zeus è stato sconfitto. È il “proto” che Hölderlin cerca, che suggerisce di cercare: come gli dèi che egli considera sono i proto-olimpici così è l’uomo originario che la forza poetica deve cogliere, per carpire e isolare quello che chiama “l’istante divino”. Libro di non facile lettura e comprensione, noioso. Per addetti ai lavori? Forse, sicuramente per chi ha dimestichezza col mondo classico per studio o interesse e quindi ha un’infarinatura di base. Inoltre spesso Otto descrive il pensiero di Goethe e poi si inserisce con Hölderlin e si perde il filo del discorso.