Salta al contenuto principale

Il polentone

ilpolentone

Castroianni, Sicilia. Primo Maggio 1970. Anche se è venerdì, la chiesa è gremita. Il parroco sta celebrando la messa in onore di san Giuseppe lavoratore, festa istituita da papa Pio XII per non lasciare che la giornata restasse a esclusivo beneficio dei comunisti e delle loro chiassose celebrazioni nella ricorrenza dei Lavoratori. Infatti, nel preciso momento in cui padre benigno congeda i fedeli, nella vicina piazza del Duomo il segretario del PCI, Peppe Popolo, issa la bandiera rossa. Pochi secondi dopo, un tonfo interrompe il coro che già ha preso a cantare “Avanti o popolo”. Qualcuno ha visto una specie di straccio nero svolazzare giù da un terrazzo. Si tratta di Peppina Chiarenza, detta Pepenchia, che, dopo aver già una volta tentato di tagliarsi le vene – impresa non riuscita – ha pensato bene di lanciarsi dal balcone, trascinando con sé nella caduta un vaso di basilico. La folla fa immediatamente cerchio intorno alla povera zitella; due dame di carità si affacciano sulla porta laterale della chiesa; il brigadiere Minnella, insieme a due carabinieri, se ne esce con il classico “Fate largo” che si usa dire in occasioni simili. Intanto, da via Roma arriva una Seicento celeste che si ferma accanto al monumento dei caduti e ne esce un quarantenne in giacca e cravatta, che chiede cosa stia accadendo. È un paesano con la coppola a informarlo; l’uomo spiega al forestiero che non si tratta certo di un episodio isolato: in paese tante sono le persone esaurite e ogni tanto qualcuno decide di farla finita. La ragione della pazzia va ricercata nella mancanza di litio nell’acqua potabile. Il nuovo arrivato, pur perplesso, cerca di assolvere all’incarico per il quale è stato inviato a Castroianni: chiede del segretario della sezione locale della DC, l’avvocato Giuseppe Mangione, a cui poi spiega di aver ricevuto l’incarico di visitare i locali del partito. Il forestiero, professor Graziano Bobbio, è un piemontese trapiantato a Roma. Un polentone, insomma, che, dopo il Mangione, ha il piacere di fare la conoscenza anche della sindachessa della città, Rosalia Calì: occhi scuri, capelli lunghi, tailleur grigio…

Un polentone che vuole mettere a soqquadro una realtà incistata tra le pieghe di una Sicilia degli anni Settanta, non troppo diversa da quella di sempre, in cui certi favoritismi e certi favori regnano indisturbati e così deve essere. Un giallo arguto e ironico uscito dalla fantasia e dalla penna di un autore che i più potrebbero associare soprattutto al mondo del piccolo schermo. Non a caso Michele Guardì – regista e autore di alcuni tra i format più longevi e di maggior successo della TV italiana – è da sempre soprannominato “La televisione”. Va sottolineato, tuttavia, che anche con le parole scritte non se la casa per niente male, anzi. Le pagine del suo romanzo – un testo piuttosto breve, a dire il vero, ma completo, ironico e amaro al tempo stesso – richiamano quelle di un altro siciliano doc che come Guardì ha scelto di raccontare con arguzia i fatti della propria terra: Andrea Camilleri. Il polentone di cui il titolo della storia è un funzionario inviato da Roma per indagare su supposti brogli che riguardano la sezione locale della DC. La sindachessa del piccolo centro siciliano, l’avida e ricchissima Rosalia Calì, seduce il funzionario e lo sposa, per salvare la propria poltrona e quella del segretario politico. Quando però il novello signor Calì viene rapito, la storia si complica, si tinge di giallo e assume le fattezze di una vera e propria commedia degli equivoci che fa sorridere, certo, ma lascia anche tanto amaro in bocca: quello che inevitabilmente prova chi scopre a poco a poco la furbizia poco trasparente dietro cui si nasconde quell’Italia provinciale in cui a nessuno è dato salvarsi. Una storia che inizia raccontando un pittoresco Sud che, in realtà, di pittoresco ha ben poco; una vicenda che parla anche d’amore, ma si tratta di un sentimento dai risvolti piuttosto indefiniti; l’istantanea di un passato prossimo che per molti aspetti è ancora piuttosto attuale; un romanzo godibile – in cui, in realtà, c’è qualche stereotipo di troppo – per chi desideri una lettura veloce e senza pretese.