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Il primo dolore

Il primo dolore

Sono le 23.04 e Rosa avverte le prime doglie, ma non è poi così certa che si tratti di una contrazione reale. Decide di tranquillizzarsi e tornare a leggere qualche pagina del suo romanzo. È il 2 aprile, una giornata che si prospetta fresca e che sembra aprire le porte alla primavera. Andrea dorme al suo fianco e Rosa decide di non svegliarlo, per il momento. Certo che se fossero davvero le doglie, la bambina avrebbe deciso di nascere in anticipo, visto che il parto è previsto per l’11 aprile. Per fortuna che c’è il suo compagno in questo periodo così delicato! La sua presenza è determinante, soprattutto nel contenere le ansie degli altri e in particolar modo quelle di sua suocera, a cui la sua decisione di partorire in casa proprio non va giù. Carlotta e Filippo sono due brave persone: i genitori di Andrea l’hanno accolta come una figlia e le hanno dato tutto l’amore che non ha mai avuto. Effettivamente Rosa una famiglia non ce l’ha e non ha mai conosciuto l’amore di una madre. Anzi, non sa nemmeno se sua madre sia ancora viva. Sono quindici anni che non ha sue notizie, che non si parlano, che non si cercano. Intanto arriva la seconda doglia e allora Rosa pensa che sia proprio il caso di svegliare Andrea, ma solo per avvertirlo, invitandolo poi a riaddormentarsi. Così la donna, che si sta preparando a diventare madre, può immergersi nuovamente nei suoi pensieri e vivere questa notte che trova magica e che nulla ha a che vedere con quelle trascorse durante la sua infanzia, quelle strazianti, pregne di paura, costellate dai pensieri nefasti su quei fantasmi di cui le parlava spesso la sua mamma, quelli che potevano prenderla e portarla via da un momento all’altro. Allora la bimba cantava, si cullava e quando proprio non ce la faceva più, correva lungo il corridoio per raggiungere la stanza e il letto dei genitori. Non sempre però sua madre le faceva spazio, non sempre si accorgeva della sua presenza: spesso Rosa attendeva ore prima che lei si svegliasse e si accorgesse di quella bimba spaventata e solo allora la prendeva con sé, senza dire una parola. Quella madre le riservava un’accoglienza che, però, di giorno svaniva completamente, sostituita da lamentele per le sue incursioni notturne, parole che la facevano sentire non gradita, non accettata. La piccola, però, non demordeva, ogni notte correva verso quella stanza, fino a quando, una volta, non l’aveva trovata chiusa, andando a sbattere contro la maniglia e urtando talmente forte da perdere la vista da un occhio. Ecco la terza contrazione…

Il primo dolore è un romanzo che narra di nascita, di rapporti madre-figlia, di sofferenza e redenzione. Rosa e Agata, una figlia e una madre, due donne così diverse, ma così irrimediabilmente simili in un momento in cui la vita le mette di fronte a una nuova anima, che si trasforma in speranza. Rosa è una donna di quarantadue anni: ha sempre cercato l’amore di Agata, che è stata capace di odiare quella figlia, di farle del male, respingendo ogni suo desiderio di affetto. Una madre carnefice e vittima a sua volta e una figlia ferita, il cui animo buono non viene alterato dal rancore. Un racconto scorrevole, emotivamente forte, in cui le vive sensazioni dei personaggi sono elevate all’ennesima potenza. Melissa Panarello dà voce alle figure principali che animano la storia, ben definite e delineate, raccontando così le vicende narrate dai diversi punti di vista di chi le vive. La narrazione si snoda su due piani temporali differenti: il presente che racconta il momento di vita di Rosa – in un’altalena di emotività e ricordi – e il passato che narra la storia di Agata. L’autrice consegna al lettore una storia robusta e passionale, priva di ogni giudizio e capace di mettere chi legge in una posizione non giudicante. In/con Il primo dolore, la Panarello conserva il suo stile, diretto e schietto, privo di fronzoli, fatto di una dialettica asciutta e turbinosa, carica di sensibilità. È il nono romanzo dell’audace autrice di 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire (il libro dalle tinte fortemente erotiche che creò il personaggio mediatico più che letterario Melissa P.) e sembra segnare una crescita temporale e spirituale della Panarello, non solo nel contenuto, ma anche nella presentazione: è il primo libro, non a caso, che la scrittrice sigla con il suo nome e cognome per esteso in copertina. Un romanzo che segna quindi anche la rinascita di Melissa Panarello come autrice e la sua maturazione non solo di vita, ma anche letteraria.