
Sotto una pergoletta, in un quartiere periferico e popolare ma con casette curate dai giardini pieni di fiori, un medico di Cordoba, appena trasferitosi, sta eseguendo vaccinazioni per COVID-19 non regolari. Nel senso che le fa a chiunque sia in grado di pagare profumatamente. E non importa che le persone siano in lista, appartengano a una fascia protetta o abbiano un’età avanzata: basta che paghino. Almeno, però, le vaccinazioni vengono effettuate correttamente, usando aghi sterili e monouso e tenendo le fiale del farmaco in un contenitore di polistirolo con del ghiaccio per non interrompere la catena del freddo. Il medico si assicura discrezione da parte dei suoi “pazienti” e ha allestito la pergoletta con cuscini morbidi dove ci si può riposare dopo l’inoculazione. Tutte queste cose, Elba, le racconta sottovoce e confidenzialmente a suo cugino, quasi un fratello maggiore per lei, Santiago Alberto Masachesi, ex commissario che l’unico “virus” che ha da sempre nel sangue è quello del fiuto dello sbirro investigativo. Orbene, Santiago mentre fa finta di apprezzare la zuppa servita per pranzo dalla cugina, inizia a rimuginare sulle informazioni appena ricevute e la sua natura di ex investigatore torna a farsi sentire prepotentemente. Questa cosa dei vaccini non solo non è regolare, ma con molta probabilità nasconde anche un giro di corruzione non indifferente e che lui, adesso, non vuole proprio ignorare. Quello che l’ex commissario ancora non sa è che i mesi di pandemia che gli stanno regalando tanto tempo libero saranno i migliori della sua vita proprio per indagare, portare alla luce e risolvere più di un reato di corruzione, anzi del più alto reato di corruzione mai visto nel suo Paese. Come è morto il procuratore Nisman? È stato davvero un suicidio?
Luisa Valenzuela è “portata” per la scrittura. Lei non racconta solo una storia, ma sa costruire tempi e ritmo giusti, personaggi realistici e credibili da far muovere e agire nella narrazione, ambientazioni appropriate. E lo fa con una maestria che porta chi legge a pensare che tutto questo le riesca incredibilmente facile. Magari, invece, non è così. Magari anche la Valenzuela scrive e riscrive, cancella e poi ci torna nuovamente su, o magari ci riflette per settimane prima di scrivere un nuovo capitolo. In realtà, non ha nessuna importanza. Quello che importa è la fascinazione assoluta e completa che i lettori trovano in un romanzo come Il procuratore muore, che è un viaggio in una terra ai confini del mondo come l’Argentina, ma rappresentata e raccontata nel suo humus più veritiero, nelle sue sfaccettature più realistiche, nelle sue contraddizioni di luci e ombre più autentiche. In molte, moltissime pagine, anzi, il “fatto” - l’avvenimento in sé che rende questo un romanzo di genere ma anche un libro di denuncia sociale, un’orazione civile, ovvero l’omicidio di Alberto Nisman, titolare della Unità di Indagine della Procura su un attentato anti-israeliano avvenuto in Argentina nel 1994, che il 18 gennaio 2015 veniva trovato morto nella sua abitazione con un colpo di pistola alla tempia in quello che i giudici hanno poi stabilito essere un suicidio simulato - quasi passa in secondo piano e viene visto dal lettore come poco più di un pretesto letterario per raccontare, in realtà, un intero Paese. E anche se Luisa Valenzuela non può essere considerata strettamente una autrice da realismo magico nel suo trovare il giusto soggetto intorno a cui raccontare usi, costumi, società e natura di un Sudamerica allo stesso tempo meraviglioso e crudele, fa di lei comunque una scrittrice di noir unica e incomparabile e Il procuratore muore per ritmo, narrazione e stile può rientrare, per quanto mi riguarda, in quei romanzi che possono essere letti in una sola notte.