
È una gelida e nevosa mattina invernale, di quelle tipiche del Québec, di quelle in cui la luce del sole che riflette sul bianco paesaggio innevato quasi ti acceca e la temperatura che scende oltre i meno 30 gradi ti congela le narici non appena esci di casa. Ovviamente ci vuole ben altro per far desistere il quasi sessantenne commissario Armand Gamache, ex capo della Sûreté Nationale du Québec (al momento sospeso dal proprio servizio), dal recarsi in una giornata come quella in una fattoria abbandonata e pericolante nel mezzo del nulla, a seguito di una convocazione ricevuta dal notaio Mercier. La curiosità per il motivo di questo strano invito non ha fatto desistere nemmeno la seconda convocata, Myrna Enders, amica di Armand, ex psicologa in pensione che gestisce la libreria del piccolo villaggio di Three Pines, dove abita anche il commissario. Arriva infine anche il terzo e ultimo convocato, Benedict Pouliot, giovane impresario edile di Montreal. Dopo le dovute presentazioni, la giornata, nonostante l’ambientazione sinistra della casa, si fa meno tesa e il notaio può finalmente spiegare la ragione della convocazione: tutti e tre sono stati scelti come esecutori del testamento di Bertha Baumgartner, una signora che nessuno di loro ha mai conosciuto. A rendere la vicenda ancora più balorda, il fatto che la defunta avesse tre figli che, a rigor di logica, avrebbero potuto essere nominati come esecutori del testamento al posto dei tre estranei…
Louise Penny comincia il quattordicesimo libro della saga di Gamache con una vicenda alquanto insolita piuttosto che con un omicidio. Eppure la curiosità, agevolata da una prosa molto fluida, spinge non solo Armand, Myrna e Benedict, ma anche il lettore ad andare avanti per capire cosa si cela sotto questa bizzarra faccenda, arricchita dai discorsi tra Myrna e Gamache che, per deformazione professionale, tracciano i profili psicologici non solo del terzo esecutore del testamento Benedict, ma anche dei tre figli della defunta: Anthony, Caroline e Hugo. I primi due belli, magri, con la pelle luminosa, curati nel vestire, mentre l’ultimo basso, tracagnotto, paonazzo, sciatto. Perché anche dalle apparenze si può in parte risalire alla loro infanzia e ai loro rapporti personali per capire come mai la defunta avesse deciso di far liquidare il testamento a tre sconosciuti. A rendere la lettura più scorrevole e piacevole, non è però solo la curiosità verso la storia, ma anche il calderone dei vari abitanti di Three Pines: la pittrice eccentrica Clara Morrow, la poetessa anziana e scorbutica Ruth Zardo, la coppia Olivier e Gabri che gestisce il bistrot dove spesso si riuniscono tutti quanti. Per non parlare della capacità descrittiva di Louise Penny, che riesce a far entrare il freddo nelle ossa del lettore, talmente lo trascina, con l’accuratezza dei dettagli, nel gelido inverno canadese a -35 gradi. Una trama ben congegnata, che tiene il lettore in sospeso fino alla fine, mentre gli eventi si accavallano alle vicende personali di Gamache e del suo vice, nonché genero, Jean-Guy Beauvoir, entrambi tuttora alle prese con l’indagine che li ha travolti, per la quale l’ex capo della Sûreté è stato sospeso dal servizio: una partita di Carfentanyl che ha purtroppo dovuto lasciar passare pur riuscendo a confiscarne gran parte della quantità. Proprio tramite le riflessioni di Gamache e di Jean-Guy, Louise Penny riesce a farci addentrare nel mondo difficile della polizia, dove talvolta le scelte che si fanno scorrono sul filo della legalità pur di poter salvare almeno quello che si può ancora salvare. Foto di Ian Crysler su licenza Creative Commons.