Salta al contenuto principale

Il rifugio

Il rifugio

Sean si trova in Francia, in fuga da qualcuno o qualcosa, il respiro affannoso di chi si sente braccato da un passato che può mordere fino a uccidere. Non l’avrebbe mai detto, Sean, che la sua vita senza slanci da ragazzo pigro e irrequieto che vive nei sobborghi di Londra si sarebbe potuta trasformare in una vicenda degna di un thriller di Alfred Hitchcock. Lui, che tra le sue poche, genuine passioni annovera proprio il cinema, lo vede quasi come uno scherzo del destino. La benzina è ormai prossima a finire e quel pacchetto che scotta, bianco e pericoloso, è solo un danno collaterale di un problema ancora più grosso. Neanche il tempo di pensare a un piano di sganciamento da questa situazione rischiosa e complessa che l’auto, già in riserva, si ferma del tutto in una delle tante, troppe strade pianeggianti della Francia. Non c’è tempo per pensare: zaino in spalla e Sean prova a tagliare per i campi, alla ricerca di un centro abitato che abbia un lontano profumo di salvezza. La cornice silvestre riesce a calmare un po’ i nervi tesi e dopo una lunga apnea sembra che le cose inizino a delinearsi con maggiore lucidità: fare l’autostop; trovare un paese o una città dove nascondersi in attesa che le acque si calmino. Niente di più semplice. Ad un tratto però la presa gelida di una morsa sulla caviglia, il dolore acuto e pungente che solo una tagliola è in grado di infliggere. Sterili tentativi di liberarsi. Svenimento…

Simon Beckett ha scritto diversi thriller ed è principalmente noto per aver creato il personaggio di David Hunter, l’antropologo forense protagonista di una fortunata serie di romanzi. Qui l’autore inglese abbandona la sua creatura per avventurarsi in una vicenda fosca ambientata nella tranquilla campagna francese. Il protagonista, soccorso da una riservata e inquietante famiglia di contadini di zona, si troverà a dover affrontare in un colpo solo un passato che bussa minacciosamente alla porta dei suoi pensieri e un presente che lo vedrà a temere più volte per la sua vita. La cornice rurale, parente alla lontana del classico dell’horror Non aprite quella porta, è l’elemento più riuscito di una storia che seppur ben congegnata non riesce a coinvolgere fino in fondo, pur non annoiando e facendo arrivare comodamente il lettore sino all’epilogo. La componente che convince meno è legata ai personaggi, leggermente stereotipati (il protagonista in fuga, il pater familias burbero e incline agli scatti d’ira, le figlie vessate, la cornice di pregiudizio dei piccoli villaggi…), ma tutto sommato funzionali al tipo di vicenda che viene raccontata da Beckett. Il rifugio è una storia di paure e di soprusi, animata da una violenza mentale che facilmente deflagra in violenza fisica e che si svolge all’ombra della civiltà metropolitana e delle sue leggi, in un contesto chiuso di prepotenze basate sul possesso (dei beni, delle persone…) e di giustizia privata.