
Emmett è un negro di Chicago e sta per partire per Money, Mississippi. Sua madre gli dice di stare attento perché vivere al Sud non è come vivere al Nord, anche se ci sono i tuoi cugini. Ma Emmett non gli dà tanto retta perché ha visto “Via col vento” e Clark Gable non ha paura di niente. Quando arriva con l'autobus ad aspettarlo ci sono i suoi cugini ed è con loro che Emmett entrerà dentro quel negozio, anche se non c'è nessuno e anche se dietro al bancone c'è una ragazza bianca. Quando poco dopo Emmett esce di corsa dal negozio inseguito dalle urla della donna non si ricorda bene che cosa ha risposto quando lei gli ha chiesto cosa voleva. Poco dopo Emmett verrà ucciso, massacrato di botte nella città di Money, Mississippi. È il 28 agosto 1955. Ed è a causa di questo episodio che Muhammad Alì decide di diventare un pugile...
Tra le pieghe delle storia c'è sempre qualcosa di non conosciuto. Quando le ricerche portano a un vicolo cieco gli storici non possono far altro che certificare la presenza di un vuoto di conoscenza e continuare la ricerca; i romanzieri scavalcano il vicolo cieco e inventano. Alban Lefranc, autore francese classe 1975, con Il ring invisibile fa proprio questo, riempiendo con la narrativa quello che non si sa rispetto ai primi anni di Cassius Clay, il pugile che più di tutti ha incarnato l'America nera di quegli anni. Ed è proprio ad un fatto di cronaca nera – l'uccisione del giovane nero Emmett Till in un piccolo paesino del Mississippi – che l'autore fa risalire la voglia di combattere e di salire sul ring del giovane Muhammad. Per costruire questa biografia, a metà tra realtà e finzione, Lefranc utilizza un linguaggio asciutto e ritmato, fatto da periodi brevissimi e ritmati. La lettura scorre così molto veloce, anche grazie ad una voce narrante in terza persone ma che riesce comunque a rimanere vicina ai personaggi. Merito del dialogo costante che l'autore intesse tra l'io narrante e il protagonista: «Hai tredici anni e mezzo, tuo padre ha avuto il tempo di conoscere Odessa, Odessa di partorirti, tu di crescere in un bungalow liscio come una caramella, al numero 47 di Grand Avenue, nel West End di Louisville, e da qualche giorno la notizie del massacro ha cominciato a circolare per il paese». Una scrittura, quella di Lefranc, capace di mettere al tappeto il lettore proprio come i ganci del giovane Cassius.
Tra le pieghe delle storia c'è sempre qualcosa di non conosciuto. Quando le ricerche portano a un vicolo cieco gli storici non possono far altro che certificare la presenza di un vuoto di conoscenza e continuare la ricerca; i romanzieri scavalcano il vicolo cieco e inventano. Alban Lefranc, autore francese classe 1975, con Il ring invisibile fa proprio questo, riempiendo con la narrativa quello che non si sa rispetto ai primi anni di Cassius Clay, il pugile che più di tutti ha incarnato l'America nera di quegli anni. Ed è proprio ad un fatto di cronaca nera – l'uccisione del giovane nero Emmett Till in un piccolo paesino del Mississippi – che l'autore fa risalire la voglia di combattere e di salire sul ring del giovane Muhammad. Per costruire questa biografia, a metà tra realtà e finzione, Lefranc utilizza un linguaggio asciutto e ritmato, fatto da periodi brevissimi e ritmati. La lettura scorre così molto veloce, anche grazie ad una voce narrante in terza persone ma che riesce comunque a rimanere vicina ai personaggi. Merito del dialogo costante che l'autore intesse tra l'io narrante e il protagonista: «Hai tredici anni e mezzo, tuo padre ha avuto il tempo di conoscere Odessa, Odessa di partorirti, tu di crescere in un bungalow liscio come una caramella, al numero 47 di Grand Avenue, nel West End di Louisville, e da qualche giorno la notizie del massacro ha cominciato a circolare per il paese». Una scrittura, quella di Lefranc, capace di mettere al tappeto il lettore proprio come i ganci del giovane Cassius.