Salta al contenuto principale

Il rosso vivo del rabarbaro

Il rosso vivo del rabarbaro

Sull’isola le stagioni passano lente, al ritmo di una glassa spalmata sull’ultimo strato di torta. Ágústína però pensa già alla prossima primavera: scalerà la Montagna. Nessuno nel villaggio ha mai osato farlo. “Ti serviranno degli scarponcini buoni” le dice Nína, la donna che si occupa di lei e che non la fa mai sentire diversa. Ágústína tuttavia non è come gli altri: persino oltrepassare la soglia rialzata tra il salotto e la cucina è stato un traguardo, così come far da sola il breve percorso fino a scuola. Non ha mai chiesto aiuto a nessuno, per sorreggersi le bastano le sue stampelle. Dopo la Montagna cercherà altre mete: magari il Kilimangiaro, forse l’Everest. Anche sua madre è un’avventuriera, le manda lettere dalla giungla e pure dal deserto, anche se non si fa vedere da anni. Suo padre invece non l’ha mai conosciuto: è fuggito poco dopo che Ágústína è stata concepita. Le stagioni passano a rilento in Islanda, al ritmo dei germogli di rabarbaro in crescita. Quel che farà sulla Montagna, Ágústína già lo sa...

Il rosso vivo del rabarbaro è il romanzo d'esordio di Audur Ava Ólafsdóttir, scritto nel 1998 ma tradotto in italiano solo in tempi recenti. Chi ha letto Rosa candida ritroverà alcuni temi cari all’autrice islandese, uno su tutti la voglia di scappare dall’isola per visitare il resto del mondo. Ed è buffo che questi isolani pensino ad andarsene, mentre tra gli altri cresce sempre più la voglia di visitare l’Islanda (si pensi al film I sogni segreti di Walter Mitty). Anche Ágústína vorrebbe partire, ma non è semplice per una come lei, incapace di camminare fin dalla nascita. La sua vicenda ha i contorni di una fiaba rotonda, liscia e trasparente, come una biglia fatta rotolare sulla sabbia. Fin dalle prime pagine, però, è la Montagna a sovrastare ogni cosa e a far da presagio a spigoli, punte e massi in caduta libera. Perché le biglie a volte deviano, come i progetti.