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Il sentiero alpino

Il sentiero alpino

Lucy Maud Montgomery è una bambina dalla fervidissima immaginazione; pur essendo di discendenza scozzese, vive, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, in Canada, sull’Isola del Principe Edoardo. Cresce nel podere dei nonni materni, a Cavendish, tra meleti, boschetti e grossi alberi di betulle, aceri e abeti: quello è, per lei, un “regno incantato di bellezza e romanticismo”, dove correre, giocare e immaginare miti, dove “bramare la vivacità della vita” e, quindi, imparare a fare i conti anche con la morte. A nove anni, su un modulo postale (l’unica carta che, effettivamente, trova in casa, poiché il nonno ne gestiva un ufficio), scrive la sua prima poesia: Autumn, iniziando sé stessa alla scrittura, alla vita, e accostandosi alle pendici di quel sentiero alpino (alla dura scalata verso il desiderio d’essere una scrittrice), fatto di anni di “fatica e di sforzo”, che l’ha portata poi in cima, al “sogno che aveva tanto sognato […] seduta a quel vecchio banco di scuola”…

È il 1917 quando l’editore di “Everywoman’s world” chiede a Lucy Maud Montgomery, ormai scrittrice di successo, di porre mano alla storia della sua carriera. Lei sorride alla parola “carriera”, e poi accetta, con uno scopo ben delineato: “infondere coraggio in quanti stanno faticando lungo [quel]l’estenuante sentiero” che anche lei ha percorso. La Montgomery svela, in queste sue pagine, quanto abbia creduto sempre, con caparbia ostinazione, nel suo dono, nella sua “vivida immaginazione”, quale “viatico per la Terra Incantata”; la bambina che è stata, sognante e a tratti stralunata, è inoltre l’immagine speculare della sua “creatura” più nota: Anna dai capelli rossi, la cui saga, seppur dopo gli iniziali dinieghi delle case editrici, l’ha affermata e confermata come scrittrice di altissimo valore. La Montgomery conserva una vivida percezione e una fervida capacità rielaborativa della sua infanzia, delle fantasie e delle paure che hanno abitato e proliferato nel suo corpicino di bambina: ed è proprio questa facoltà, il ricordo nitido di un’infanzia immaginifica, che ha fatto esplodere appieno la potenza creativa della sua penna, nonché della sua vita stessa, della sua vocazione alla fantasia che si fa parola scritta. Resta un messaggio (sempre antico eppure, oggi, quanto mai “rivoluzionario”) di fondo, che trasuda dai pori del testo e trabocca dal suo stesso animo: dobbiamo seguire sempre la nostra vocazione, le nostre “voci eteree […] attraverso la valle dell’umiliazione e su per le incantevoli colline dove le cose dolci ci ripagheranno…” Non dobbiamo mai smettere di combattere la nostra lotta, di percorrere il nostro sentiero alpino, per creare e costruire ciò che il nostro animo, ogni giorno, ci chiede di essere.