
Briseide sente il grido di battaglia di Achille piè veloce risuonare intorno alle mura di Lirnesso. Si è rifugiata insieme alle altre donne e ai bambini nella cittadella: solo un cambio di abito e tutte le provviste che sono riuscite a portare. La paura è grande, anche se mascherata da spiritosaggini e risatine, tutte sono consapevoli che i propri soldati stanno perdendo terreno. Dai campi di battaglia arrivano le urla e il clangore delle spade sugli scudi e loro scacciano il pensiero della propria fine, se la guerra sarà persa. Con il passare delle ore, lo stanzone, inizialmente fresco, si satura di odori corporali, il caldo diventa soffocante, lacerato solo da quel grido di battaglia che pare l’urlo di un lupo famelico, sempre più vicino. Tutte sanno di chi è la voce, ma nessuna ha il coraggio neppure di sussurrare quel nome. Chi ha figli maschi per la prima volta invidia chi ne ha femmine, che non saranno uccise, anche se il loro futuro sarà da schiave. Briseide è in ansia per sua suocera che è malata, è voluta rimanere da sola nel palazzo. Decide di rischiare per accertarsi che abbia cibo e acqua a sufficienza. Esce. Respira a fondo l’aria pulita che sebbene sia calda e polverosa le sembra fresca a confronto di quella della torre. Il terreno è coperto di frecce che continuano arrivare, sorvolando le mura e conficcandosi nel suolo. Briseide sceglie di passare dalle stradine laterali e…
Il silenzio delle ragazze è in realtà il grido delle donne che hanno subito e subiscono sulla loro pelle le conseguenze delle guerre volute e combattute dagli uomini. Pat Barker, storica e scrittrice inglese, in queste pagine intense racconta alcune vicende della più famosa guerra della letteratura attraverso la voce di Briseide, principessa di Lirnesso. Per la verità nella seconda parte i capitoli alternano la voce narrante tra prima e terza persona, e non sempre risulta immediato il passaggio dalla protagonista al narratore, ma la storia è così coinvolgente che si accetta anche questa fatica. Raccontata al femminile l’Iliade mantiene aspetti poetici, ma perde i toni lirici, il pelìde Achille non ha più niente di eroico, è un macellaio feroce che, dopo aver sterminato centinaia di soldati nemici massacra donne e bambini, rapina la libertà ai sopravvissuti, riducendoli in schiavitù. Achille riceve come trofeo proprio la moglie diciannovenne del re Minete: la bella Briseide diventa “una cosa”, parte del bottino, per sopravvivere dovrà compiacere il suo padrone, è “una schiava, e qualsiasi schiavo farebbe di tutto, davvero di tutto, per smettere di essere una cosa e ridiventare una persona”. Il personaggio di Briseide è di una complessità affascinante, costretta a fare i conti con i desideri del “grande Achille”, che ha eliminato ogni componente della sua famiglia, distrutto la sua città e disperso il suo popolo, nell’animo rimane regale e altera. Ma anche gli altri non sono da meno, all’autrice bastano pochi tratti o uno sprazzo di dialogo per restituire caratteri definiti a tutto tondo. Sempre senza perdere di vista, come dice Briseide in chiusura del romanzo, che questa è la storia di Achille: “Sua, non mia”. Un romanzo suggestivo e avvincente, fedele nei minimi dettagli al racconto omerico, che, grazie allo stile narrativo fresco e naturale di Pat Barker riesce a avvicinare il lettore contemporaneo a un mondo così lontano nel tempo e nella cultura.