
Cosa non faresti per gli amici. Anche accettare di tenere una conferenza senza preavviso la sera stessa in una città a quasi 700 km di distanza. È quanto accade a Robert Langdon, professore di Simbologia ad Harvard, che una domenica mattina alle 6 riceve una telefonata da Anthony Jelbart, assistente personale di Peter Solomon, direttore dello Smithsonian Institution e suo grande amico. C’è una piccola emergenza in corso: il relatore principale di un prestigioso convegno programmato per quel giorno alla National Statuary Hall ha dato forfait, e Solomon ha pensato che Langdon potrebbe essere così gentile da sostituirlo, magari riproponendo un suo cavallo di battaglia, la lectio magistralis sul simbolismo nell’architettura di Washington DC. Una bella rogna, ma per rispetto verso Peter Solomon – uno degli intellettuali più influenti e ricchi del Paese – conviene fare uno sforzo. Il professore si trova quindi sbattuto prima su un jet privato e poi su un’auto che lo porta al Campidoglio, occupato a ripassare la sua conferenza e a riflettere sui misteri della capitale Usa. Ancora non sa che l’invito è un inganno ordito da un misterioso personaggio dal corpo interamente tatuato che si fa chiamare Mal’akh, che tiene in ostaggio Peter Solomon e mira a distruggere il lavoro della sorella di lui Katherine, una attraente scienziata che si dedica anima e corpo alla Noetica, una disciplina di nuova concezione che indaga sulla capacità della mente umana di influire direttamente sul mondo fisico, e ha messo su un laboratorio all’avanguardia proprio in un’ala dello Smithsonian Institution. Langdon intanto arriva alla National Statuary Hall e scopre che non c’è nessuna conferenza in programma. Mentre è ancora intento a domandarsi perplesso quale può essere stato l’equivoco, riceve una telefonata da parte di Mal’akh. Il terrificante meccanismo architettato da quest’ultimo si è messo in moto...
Terzo romanzo della milionaria (in termine di copie vendute e di dollaroni incassati) saga di Robert Langdon, professore di Simbologia (a proposito, si tratta di una cattedra che semplicemente non esiste, né ad Harvard né altrove), per una volta non alle prese con trame segrete interne alla Chiesa cattolica ma con i misteriosi legami tra Massoneria, esoterismo e nascita degli Stati Uniti. Un tema tutt’altro che nuovo nell’ambito sia della narrativa sia della cinematografia di genere, e sul quale non è facile per nessuno dire qualcosa di originale: ma forse Dan Brown ha avvertito l’esigenza di riaffermare la “dignità misterica” di Washington, come a dire “Ehi, non abbiamo nulla da invidiare a Roma o Parigi, abbiamo anche noi un passato oscuro!”. Tra architettura neoclassica, umanesimo illuminista, predicatori televisivi e un villain che fa pensare molto al Silas de Il Codice Da Vinci malgrado le differenze, l’unico vero elemento di novità del romanzo è la sottotrama dedicata alla Noetica, che è anche il pretesto per introdurre nel plot un personaggio femminile, necessario come sempre per stemperare il bla bla dell’asessuato Langdon. E a tal proposito il ritmo veloce imposto dall’unità di tempo e di luogo – la vicenda si svolge in tempo reale, senza stacchi né flashback importanti – cozza un po’ con le continue spiegazioni scientifiche o storiche messe in bocca ai personaggi, che parlano tutti come Wikipedia. Un difetto assai diffuso nella narrativa di genere come si sa, ma tutto sommato innocuo. Il simbolo perduto – nonostante il consueto fuoco di fila di terrificanti stroncature piovutegli addosso – è un normalissimo thriller esoterico come ne escono centinaia l’anno, scritto con mestiere e piacevole da leggere: se non fosse firmato dal celeberrimo Dan Brown nessuno lo attaccherebbe con la virulenza un po’ ridicola sfoggiata dai vari ‘autorevoli’ recensori sulle pagine di quotidiani e riviste. Le avventure di Robert Langdon sono un brand, una formula, un cliché – come il 90% delle saghe di genere.