
Succede spesso che il commissario Montalbano sia svegliato da Catarella. Meno spesso che il motivo della telefonata sia un banale furto e non un omicidio. Ma con Mimì Augello in licenza e Fazio impegnato a sedare una rissa al mercato, tocca rimboccarsi le maniche. La sorpresa è che il furto è chiaramente opera di veri professionisti, non dei soliti ladri di polli di Vigata. E che, ben presto, si dimostra come il primo di una lunga serie di mosse che qualcuno sta compiendo per raggiungere un obiettivo che inizialmente sembra sfuggire al commissario. Non per la vecchiaia incombente come spesso si ritrova a pensare tra una nuotata nel mare di fronte alla sua casa di Marinella o passeggiando dopo un sostanzioso pranzo da Enzo. Forse il motivo è che questa volta la sua attenzione non è propriamente concentrata sullo svolgersi degli eventi. Complice il suo rapporto altalenante con la fidanzata Livia e la sua passione giovanile per l’Ariosto, Montalbano si lascia infatti sedurre dal fascino della bella donna di turno, una delle vittime dei furti. Un’Angelica maliarda e sfuggente come nei versi dell’Orlando Furioso, capace di far perdere il senno (e la fedeltà) a un paladino molto più moderno e ruspante di un cavaliere medievale. E forse per questo per ritrovare il senno non ha bisogno di un’escursione lunare ma solo di riflettere, tra una caponatina e l’altra, sui misteri di quel sorriso al quale non riesce a sfuggire…
Come sempre Andrea Camilleri rende la nuova avventura del commissario più famoso d’Italia un centro perfetto. Intreccio solo apparentemente “complicato ma non troppo”, conseguente sorpresa finale (anche se un po’ debole e affrettata), indizi ben nascosti e l’acquolina in bocca ad ogni pranzo, a casa o al ristorante che sia. Il regalo è un’ulteriore approfondimento del passato e della personalità di Salvo, uomo e non sbirro; con le sue citazioni colte dell’Ariosto e con la sua sensibilità giovanile, nascosta bene sotto la ruvidezza dell’uomo maturo capiamo che c’è un ulteriore motivo per cui tutte le donne affascinanti sul suo cammino finiscono per essere attratte da lui. Ben più strano che in questo caso, non certo la prima in cui lo tentano, lui perda la testa fino al punto da far scivolare il caso in secondo piano. Cosa che va sicuramente a scapito del sapore “giallo” della vicenda, per altro non tra le meglio riuscite o ricche di pathos che Camilleri ci abbia proposto. Una piccola variazione insomma, nello schema e nei tempi perfettamente collaudati, ma mai noiosi, di ogni “episodio” di Montalbano. Che non fa che confermare come questo commissario meriti tutto l’affetto e il successo che ha, anche e soprattutto quando è più uguale a uno di noi che a uno degli infallibili segugi della letteratura.