Salta al contenuto principale

Il terzo segreto

Il terzo segreto

Immerso nel silenzio che da secoli avvolge l’Archivio Vaticano Segreto, Michener – consigliere personale di Papa Clemente XV – non riesce a togliersi di dosso la strana sensazione che qualcuno lo stia osservando. Quello è sì il luogo forse più blindato della Santa Sede, ma anche il più sottoposto a sorveglianza e non solo quella degli addetti alla sicurezza: ben 30 chilometri di scaffali per conservare atti e documenti di duemila anni di potere temporale della Chiesa. Una fonte di sapere inestimabile, a patto che si sappia cosa cercare. E poi c’è la Riserva. Quest’ultima è la parte più segreta dell’Archivio, divisa dal resto con una pesante inferriata. È possibile accedervi solo con un permesso scritto del Papa e la chiave è custodita dall’archivista. Michener non ha mai avuto accesso a quella parte dell’Archivio, nonostante Clemente abbia preso l’abitudine di recarsi lì con una certa assiduità. Rispettosamente attende sulla porta fino a che il Pontefice non ha finito, anche se conosce alcuni dei documenti lì conservati: “dall’ultima lettera di Maria Stuarda prima della decapitazione, all’abiura di Galileo” fino ai testi delle cosiddette apparizioni. Ed è per quello che Clemente continua a mandarlo nell’Archivio: per studiare e conoscere tutto quello che la Chiesa sa in materia di apparizioni mariane. Una consuetudine che, per quanto possa rientrare nei vezzi papali, ha cominciato a suscitare qualche domanda di troppo in Vaticano e anche qualche sospetto. Non che interessi al Santo Padre, anzi; ultimamente ben poche cose interessano al Vicario di Cristo e nessuna che non sia legata al Terzo Segreto di Fatima. Ma Michener ha la sensazione che meno si sappia di quella storia e meglio sia. Anche perché da quando sono iniziate, quelle strane visite hanno provocato segni evidenti sul volto di Clemente, ormai segnato non soltanto dall’età ma anche dal turbamento, maggiore a ogni rilettura…

Nonostante sia trascorso ben oltre un secolo da quando la Vergine apparve per la prima volta a Lucia, Francisco e Jacinta su una collina in Portogallo, i riflettori sulle rivelazioni di Fatima non si sono mai spenti. La storia inizia il 13 maggio del 1917, quando tre pastorelli poco più che bambini dichiararono di aver visto “una bella Signora”. La Vergine continuò ad apparire ai bambini sino al 13 luglio dello stesso anno, consegnando ai tre un segreto da rivelare solo al momento opportuno. Un’unica rivelazione – secondo le parole di Lucia, unica testimone oculare dopo la morte di Jacinta e Francisco – divisa però in tre parti conosciute al mondo come i “Tre Segreti di Fatima”. Le prime due parti furono messe per iscritto nel 1942 e consegnate all’allora Papa Pio XII in occasione della consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria. La terza parte, invece, fu sì consegnata al Papa nello stesso anno ma con l’obbligo perentorio di non leggerla fino al 1960. Un diktat rispettato dai suoi successori, Giovanni XXII e Paolo VI, e reso pubblico solo nel 2000 per volere di Papa Giovanni Paolo II. Ed è da qui che prende forma il romanzo dello scrittore e avvocato statunitense Steve Berry. Immaginando il pontificato di Clemente XV dopo quello di Papa Wojtyla (il romanzo è del 2005), Berry aggiunge una seconda parte al terzo segreto di Fatima, non reso noto a causa del suo messaggio talmente rivoluzionario da minare la Chiesa partendo dalle sue basi. Una storia già interessante e ricca di mistero di suo, aumentata dall’intreccio della storia di Fatima con quella delle altre apparizioni mariane, avvenute a La Salette e Medjugorje. Una scrittura lineare ma coinvolgente che permette al lettore di sorvolare su qualche pecca narrativa e su alcune debolezze strutturali dei personaggi, che non brillano certo di originalità e restano ancorati a stereotipi tipici di questo filone narrativo (dal prete privo di qualsiasi morale a quello che perde la fede per poi ritrovarla a fine romanzo passando per il personaggio femminile tanto sicuro di sé quanto un po’ troppo fantasioso). Tuttavia il lettore, pur rimanendo ben ancorato alla verità dei fatti, si lascia trasportare piacevolmente tra le vicende che danno vita al thriller. Nessun stravolgimento, infatti, è stato apportato dell’autore ai fatti storici narrati, né alle trasposizioni scritte dei segreti né tanto meno ai cerimoniali della Santa Sede: una postilla finale al romanzo sottolinea ancora una volta quello che è frutto dell’immaginazione, distinguendolo da quello che invece è ormai storia.