
Tra le migliaia e migliaia di turisti che ogni anno affollano la città del Vaticano per visitare i suoi musei - prevalentemente attratte dalla Cappella Sistina e dai maestosi affreschi di Michelangelo - quasi nessuno sa che mentre attraversa il cortile della Pigna sta in realtà camminando sopra un labirintico bunker distribuito su due piani sotterranei. È l’Archivio apostolico vaticano. Istituito nel 1612 da Paolo V Borghese, l’Archivio consta di ottantacinque chilometri di scaffali che conservano gelosamente migliaia di documenti preziosi e segretissimi. Nella penombra di questi ambienti polverosi e asfittici, è possibile scovare incartamenti di raro interesse, dai dispacci diplomatici relativi alle tensioni tra Enrico VIII e il Vaticano per ottenere il divorzio da Caterina D’Aragona, alle pergamene sui processi ai Cavalieri Templari sino ai documenti riguardanti Don Pedro Gonzales, cortigiano spagnolo affetto da un’impressionante ipertricosi. Si ritiene che l’amore tra Don Pedro e sua moglie, la bella Catherine, sia stato la fonte d’ispirazione per la fiaba La bella e la bestia… Goethe visitò le rovine di Pompei nel 1787. Il celebre scrittore tedesco provò una tale meraviglia di fronte alla città sommersa dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. da scrivere «Molte sciagure sono accadute nel mondo, ma poche hanno procurato altrettanta gioia alla posterità». Questa città sospesa nel tempo e nello spazio, eternamente cristallizzata, diventa a partire dal XVIII secolo una tappa imprescindibile del Grand Tour. Pompei diviene così non solo un centro di interesse artistico e culturale, ma anche e soprattutto un vero e proprio fenomeno di costume, con le dame ottocentesche che iniziano a “pettinarsi e abbigliarsi come le molli e leggiadre figure femminili che danzano negli affreschi a tempera di triclini, saloni e cubicola”… Uno dei motivi che spinge l’essere umano a produrre arte è l’interrogarsi su sé stesso: chi siamo, qual è il nostro posto nell’universo? Non c’è opera al mondo che esemplifichi questo interrogativo meglio dell’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci. Il celebre disegno del genio rinascimentale, un inchiostro e matita su carta databile 1490 circa, si trova a Venezia ed è conservato nel Gabinetto dei disegni delle Gallerie dell’Accademia. Esposto solo in rare occasioni e previo scrupoloso controllo dei valori microclimatici, l’opera leonardesca giace protetta e imperitura, mentre fuori lo scalpitare inconsapevole dei turisti consuma i ponti che sovrastano i canali e collegano le centodiciotto isole che compongono il centro storico della laguna di Venezia…
Il tesoro invisibile è un vero e proprio “viaggio nel piacere della scoperta”. Il saggio, illustrato da un apparato iconografico ricco e curato, permette infatti di addentrarsi nei meandri di ciò che al turista medio è solitamente precluso, ossia l’accesso al patrimonio artistico custodito nei depositi museali o nelle aree accessibili solo agli addetti ai lavori. Il libro nasce nel periodo del lockdown, in risposta al problema della paralisi totale del turismo e della fruizione dei beni culturali. Di fronte alla dilagante insofferenza verso l’impossibilità di poter godere della ricchezza artistica del nostro Paese, gli autori del saggio hanno pensato fosse giunto il momento di far dono delle proprie esperienze e di condividerle con un pubblico di lettori. Il tratto particolarmente apprezzabile è l’incipit quasi cinematografico di ogni capitolo, che sembra ricreare a parole la veduta panoramica del contesto urbano, per poi zoomare sempre più nel dettaglio artistico-museale di riferimento, a cui si sovrappongono i flashback riguardanti l’epoca storica di appartenenza dell’argomento affrontato, il tutto arricchito da chicche aneddotiche sui risvolti biografici degli artisti, dei committenti, dei collezionisti, ma anche interessanti dettagli tecnici sulle opere. Il libro è vivamente consigliato a chiunque ami l’arte, la consideri viva e palpitante, e si approcci ad essa con spirito di rinnovata scoperta.