
Sulla schiena di Abu Omar, che l’agente Jake sta seguendo sullo schermo, si nota chiaramente lo zaino, color carta da zucchero, dal quale si intravedono dei libri. Abu cammina senza fretta e pare guardare con attenzione le belle case a schiera di Melwood Avenue, mentre le sue spalle dondolano ritmicamente nel movimento tipico della gioventù. Jake, nel frattempo, abbandona un monitor e si avvicina ad un altro, che gli consente di vedere il ragazzo in viso e di notare che ha il suo solito sguardo trasognato e indifferente. Mastica una gommina, poi infila una mano in tasca per prendere un cellulare. Ma non dovrebbe averlo, il cellulare. Jake registra l’informazione in un angolo periferico della sua coscienza ma la lascia lì, a sedimentare. All’improvviso Abu Omar sparisce dallo schermo e una sensazione di nausea allo stomaco attanaglia Jake, che si limita ad inghiottire la bile, presagendo, forse, qualcosa. É una sensazione che dura un attimo, poi se ne va, così come è arrivata. Subito dopo una più ampia inquadratura riprende il ragazzo mentre entra nel bagno degli uomini di una stazione ferroviaria. Chi ha il compito di controllarlo da vicina riferisce attraverso l’auricolare che il giovane ha utilizzato l’orinatoio e si sta lavando le mani. Poi esce e continua la sua passeggiata, con indolenza. Mentre due agenti vengono incaricati di isolare il bagno dal quale è appena uscito, Abu entra nell’atrio della stazione e le telecamere lo inquadrano mentre si avvicina alla biglietteria. Jake finalmente si rilassa: la faccenda del bagno lo ha gettato nel panico per qualche secondo, ma in realtà non c’era nulla di cui preoccuparsi. Il ragazzo aveva solo una necessità fisiologica. L’agente attraversa la stanza, pensando alla serata che li aspetta e alle risate che potranno concedersi davanti a una pizza. Accenna ad un sorriso ed è in quel preciso momento che tutto esplode...
Un’esplosione in una stazione ferroviaria, il sospetto della presenza di un traditore, un nuovo attentato da sventare, pedinamenti, intercettazioni, cellule terroristiche, servizi segreti. Ecco gli ingredienti del nuovo thriller di Nicholas Searle - venticinque anni di lavoro presso l’Intelligence britannica prima di approdare alla scrittura con un romanzo d’esordio, L’inganno perfetto pubblicato nel 2019, divenuto immediatamente un bestseller -, la vicenda di un agente dell’Intelligence provato dai sensi di colpa legati ad un recente attentato, ordito probabilmente da uno di suoi uomini, cui viene concessa una seconda possibilità: una nuova operazione delicatissima nella quale non può assolutamente permettersi di fallire. Si tratta di una vera e propria corsa contro il tempo nella quale il lavoro dietro le quinte - ricerche, analisi dei dati, studio della dinamica degli attentati, infiltrazioni nelle organizzazioni criminali - viene curato nel dettaglio e di cui l’azione in sé rappresenta solo la punta dell’iceberg. Una storia corale, che si avvale dell’utilizzo di diversi punti di vista - quello dei terroristi, dei parenti delle vittime dell’attentato, degli agenti dell’Intelligence - che consentono al lettore di entrare nei pensieri dei diversi protagonisti e di cercare di comprendere meglio le ragioni di ciascuno. Quel che traspare dalle pagine del romanzo è, inoltre, un accuratissimo lavoro di studio e ricerca sul terrorismo e sulle procedure volte alla salvaguardia e alla sicurezza. Tuttavia, la storia in sé appare spesso troppo concentrata sui fatti e meno sulle emozioni dei vari attori e risulta quindi un po’ troppo fredda; inoltre, ci sono passaggi eccessivamente tecnici ed estremamente lenti che rendono la lettura piuttosto faticosa, specie nella prima parte.