
In questi ultimi anni la popolazione italiana ha manifestato una crescente richiesta di maggiore “sicurezza nelle strade” e di una giustizia più rapida ed efficace. Parallelamente, si è sviluppata nei cittadini una certa sfiducia nelle istituzioni, nella cosiddetta “Casta”: politici, magistrati e giornalisti sono diventati nemici del popolo. È così che nasce il “populismo penale”, che Luigi Manconi e Federica Graziani definiscono in questo saggio come “una strategia diretta ad ottenere il consenso popolare rispondendo alla paura generata nella popolazione dalla criminalità”. Fratello del giustizialismo morale, ovvero della richiesta di una giustizia rapida, sommaria e possibilmente esemplare, il populismo penale è, secondo gli autori, incarnato perfettamente nella figura del giornalista Marco Travaglio, e nella sua morbosa necessità di cogliere in fallo chiunque. Se l’obiettivo iniziale dei due autori è permettere al lettore di compiere una scelta consapevole nella propria definizione di giustizia, l’ampia descrizione del “metodo Travaglio” serve proprio a fornire l’esempio opposto. Il direttore de “Il Fatto Quotidiano” infatti non fa mai discorsi generici o morali sul concetto di giustizia, avvia solo battaglie ad personam, con un atteggiamento aggressivo e di superiorità. A continuare la scia dei “pessimi esempi”, l’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha riportato in auge la malsana idea del “marcire in galera”, così lontana dall’idea di pena rieducativa cui, in teoria, è orientata la nostra Costituzione. Ma allora, come si possono ottenere città più sicure senza ricorrere a semplificazioni e violazioni de più basilari diritti umani? Ed è davvero una società più sicura e più decorosa, quello di cui abbiamo bisogno?
Come gli stessi autori indicano nel testo, questo libro è più una novella (o un insieme di novelle) che un saggio. Attraverso l’analisi puntuale di esempi e casistiche, Federica Graziani e Luigi Manconi ripercorrono la storia politica, giudiziaria e giornalistica degli ultimi anni in Italia tramite il racconto di eventi e casi giudiziari, per mostrare al lettore in che modo la percezione del mondo circostante e il pensiero comune possano essere facilmente manipolati. Basti pensare allo schema con cui operano programmi come “Le Iene” o “Striscia la notizia”, che diffondono la convinzione che un semplice giornalista può fare molto di più e meglio di un magistrato, semplicemente perché mosso dalla volontà di “servire il popolo” e non da interessi personali. O al metodo del già citato Marco Travaglio, che col suo stile da “eroe giustiziere di cui questo paese derubato dai politici non può fare a meno”, punta il dito accusatore contro tutti e tutti, pronto però a rifugiarsi subito dietro l’utilizzo della satira, quando rischia di aver davvero esagerato. O agli infiniti proclami dei nostri politici, sempre pronti a presentare una realtà estrema da cui solo loro possono salvarci. Ma siamo davvero tutti così pronti a giudicare l’altro? A renderci responsabili dello stravolgimento di una vita, per semplice voglia di sicurezza e giustizia? Per il tuo bene ti mozzerò la testa è un libro necessario, che ci chiede di fermarci a riflettere. Ci chiede di provare a comprendere che non esiste una verità assoluta, che decidere del futuro di una persona non è cosa da prendere alla leggera, e che purtroppo ancora oggi, “la legge è uguale per tutti, ma alcuni sono più uguali di altri”.