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Il tuo sguardo su di me

Il tuo sguardo su di me

Leggere, per sua madre, è entrare in un mondo incantato, fatto di meraviglie; un mondo che la porta via, almeno per un po’, dall’angustia della realtà, tutt’altro che magica. Per Maria Grazia – questo il nome della mamma di Margherita – i libri hanno sempre rappresentato una trasgressione da quando, adolescente, si chiudeva in bagno con un romanzo tra le mani, rubando manciate di minuti alle faccende domestiche, nonostante si trattasse di un ambiente tutt’altro che comodo. Margherita riesce ad immaginarla, stretta nel suo scialle di lana, mentre appoggiata alla porta d’ingresso cerca ogni possibile spiraglio di luce le permetta di illuminare le righe del libro. La mamma ha cominciato leggendo i romanzi della collana Medusa di Mondadori, libretti rilegati con la copertina colorata in vendita presso la tabaccheria vicino a casa, che fungeva anche da edicola ed era l’unico spaccio di parole scritte, in quanto le biblioteche pubbliche erano ancora inaccessibili alla gente comune. Altro vizio di Margherita sono le sigarette – Nazionali super senza filtro fumate fin quasi a sentir le dita bruciare – e i caffè del bar, anche dieci al giorno, tutti necessari. È bella Maria Grazia – e lo rimarrà a tutte le età – anche se non dedica troppa cura al suo aspetto e non ha soldi da “sciupare” nell’acquisto di cosmetici e vestiti. Ha la vita stretta e i fianchi larghi, un seno generoso, il passo fermo e scattante e gli occhi limpidi. È di gran lunga più bella delle attrici, perché è reale e autentica e Margherita può toccarla, anche se a volte lo fa piano, senza che lei se ne accorga. Cammina con andatura fiera mentre al mattino, attraversata la strada e costeggiata la siepe di ligustro, arriva davanti al suo negozio e ne oltrepassa la soglia di marmo, quella soglia su cui spesso Margherita trascorre ore a sbocconcellare pane o a indovinare i clienti dalle scarpe e dalla voce…

Due sguardi che si incrociano, si accarezzano, si interrogano, a volte si scorticano, ma restano sempre l’uno il riflesso dell’altro. Due paia di occhi che si cercano, si scrutano, combattono, si amano, si perdono e si riconoscono. Con un’urgenza a volte intensamente dolorosa e a volte più leggera e gioiosa, la penna vibrante e precisissima di Margherita Giacobino – scrittrice, saggista e traduttrice – racconta la relazione tra due donne, una madre e una figlia. Si tratta di un rapporto in continuo mutamento, una danza di coppia tra due anime che, nel lungo cammino della vita, a volte perdono il ritmo, poi si ritrovano e accordano i loro passi sulla medesima melodia. La lunga lettera che la Giacobino scrive alla madre – impossibile per l’autrice rivolgersi alla donna in altra maniera se non utilizzando il “tu” – racconta di un’Italia provinciale in cui alle donne è preclusa ogni forma di coraggio. Ma Maria Grazia, la madre dell’autrice, se ne frega, è anticonvenzionale e riesce, con la determinazione, il coraggio e la tenacia che la caratterizzano, a dimostrare di sapere sempre dove andare, senza perdere tempo. È una donna solida, capace di arrivare dove lui – questo è l’appellativo con cui l’autrice nomina il padre, figura che rimane assolutamente in ombra di fronte alla forza della moglie – non potrà mai giungere, capace di farsi capitana della nave e di viaggiare controvento. E in seguito, con lo scorrere degli anni e delle vicende, anche se la confidenza non è più la stessa e alla fine i ruoli finiscono per invertirsi, non si perde il legame solido tra madre e figlia, legame che passa ancora una volta dallo sguardo, che rimane discreto, fiducioso, accudente, colmo di saggezza. Maria Grazia è per la figlia Margherita ispiratrice e dedicataria insieme di un romanzo intenso e appassionato, che è storia d’amore e omaggio a ogni madre e all’eredità lasciata a ogni figlia, un’eredità che, ben lungi dall’esser un pesante fardello, si fa “respiro di orizzonti più aperti”.