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Il vento dell’Etna

Il vento dell’Etna

Belpasso. Catania. 25 dicembre 1838. Sei chili pesa Pudduzzu quando nasce. Sua madre Mariannina, che ha sedici anni, grida così forte, mentre lo tira fuori da sé, che i paesani smettono di intonare i canti natalizi e se ne stanno per un po’ in ascolto, avvolti da un totale silenzio, interrotto da quelle urla che paiono ululati e non si capisce se provengano da un uomo o da un animale. Don Gilommu Pittera, il papà di Puddu, ha messo per la prima volta gli occhi addosso a Mariannina quando lei ha quattordici anni e trotterella per le vie del paese mano con mano alla madre, Donna Alfia. Appena la scorge, Gilommu sente il desiderio di accarezzare quel viso paffuto e quella pelle liscia e pensa fin da subito che, per fortuna, la ragazza crescerà in fretta e lui potrà sposarla. Quando la giovane compie quindici anni, infatti, Gilommu manda un’ambasciata a Donna Alfia attraverso il sensale, don Andrea, e può trasformare il suo desiderio nella più dolce delle realtà. Il giorno del loro matrimonio, Marianna è una delizia. Anche se non è molto alta, dalla sua figura si sprigionano volontà ed energia; i suoi occhi nocciola sono dolci ma decisi e le sue labbra piene sono sempre pronte a dispensare sorrisi e chiacchiere. La prima notte di nozze i baci profondi del marito e le sue mani che le percorrono il corpo alla ricerca di una confidenza che sarà via via più completa e profonda, provocano in Mariannina un piacere intenso e forte. La giovane donna si aggrappa con tutta se stessa alle spalle di quell’uomo che, instancabile, la ama per tutta la notte. Si addormenta avvinghiata a lui e la mattina successiva, al risveglio, sa di aver compreso cosa sia davvero l’amore. Appena nato, Puddu viene nutrito con il tiepido latte di capra, perché la mamma non ne ha di suo e Gilommu mammane in casa non ne vuole. Il bambino cresce bene; bello e vivace, non sta fermo un momento e Mariannina gli è sempre appresso, mentre corre come una saetta lungo la via Etnea o se ne va come una scheggia impazzita tra una traversa e l’altra della città...

Una terra in cui il fuoco e l’energia, così maestosamente rappresentati dall’imponenza dell’Etna, si trasmettono dalla natura agli abitanti della città, che, spaventati e protetti allo stesso tempo dall’imponenza del vulcano, combattono per imporsi e lasciare la loro impronta lungo il percorso di una vita nella quale il destino è qualcosa che si può forgiare. La siciliana Anna Chisari - giornalista e blogger da tempo residente a Milano, ma figlia fiera della sua terra e ramo prolifico di un albero maestoso, che poggia le proprie radici in una terra, appunto, rigogliosa e fertile - racconta una saga familiare che fa della polvere nera della lava e dell’orgoglio di un capostipite lo scenario perfetto sul quale si muovono in seguito diversi personaggi, tutti impegnati ad affrancarsi da una situazione già scritta, alla quale non si ha alcuna intenzione di adattarsi. Tutto comincia con il giovane Puddu, la sua modesta bottega di calzolaio e la sua sfrenata ambizione, che lo porteranno ad approfittare di una situazione contingente per scardinare completamente strade già disegnate e ricostruire un nuovo destino. Dopo di lui, sarà Aitina a far sentire la propria voce, voce di donna che non si piega al ruolo precostituito da recitare in silenzio e a testa china, ma si fa testimonianza di un volere dettato dall’orgoglio e dalla consapevolezza che il legame con le proprie radici, quando diventa troppo vincolante, può essere reciso, scegliendo di muoversi con maggiore libertà verso terreni non battuti, forse rischiosi, ma sicuramente carichi di nuove libertà. Con una prosa asciutta - nella quale, tuttavia, i salti temporali non sempre appaiono ben definiti e che indulge in fin troppo minuziose descrizioni di rapporti sessuali che paiono riempitivi e non aggiungono alcunché all’intreccio, finendo per disturbare la fluidità della lettura - la Chisari offre al lettore una vicenda che attraversa due secoli e racconta storie di speranze ed errori, di innovazioni e tradizioni, di coraggio e di paura che incrociano la Storia e i suoi snodi epocali.