
Tsomo è bhutanese, proviene da una famiglia di contribuenti, ovvero coloro che pagano la tasse sulle quali lo Stato del Bhutan si regge economicamente. Padre è un Gomchen, un uomo di religione; Madre, come tutte le donne di quel Paese, tesse e bada alla famiglia, all’orto, alla casa. Tsomo è analfabeta, ma la affascinano gli insegnamenti che Padre impartisce ai suoi discepoli. Vorrebbe imparare, ma è una donna e alle donne non è permesso occuparsi di quelle cose. L’ineluttabilità dello status femminile la vuole esclusivamente moglie e madre, stop. Si innamora di Wangchen e resta incinta. Da allora la sua vita è tutta un precipitare, un intricarsi di eventi, volti e storie. Il bambino nasce morto e a lei rimane una pancia gonfia che nessuno riesce a curare, tanto che la sentenza è che si tratta di una malattia karmica, una conseguenza del suo Karma negativo che le peserà sulla testa per tutta la vita, se non anche oltre. Scopre che il marito ha una relazione con Kesang, la sorella bella, giovane e delicata di Tsomo e non sopportando il fatto decide di scappare, possibilmente lontano. Inizia il suo viaggio che lungo il percorso si trasforma in vero pellegrinaggio perfettamente in linea con il suo kie tag khoroi, ovvero il segno della sua ruota di nascita, che è sul ginocchio, simbolo di una persona irrequieta e con addosso una perenne voglia di viaggiare. Tsomo - che ha deciso di fare ritorno in Bhutan solo dopo aver fatto qualcosa di cui essere fiera per compensare così la vergogna per il torto subito - si reca in India: qui da mendicante inizia un cammino profondo soprattutto dentro se stessa, decidendo, dopo un’esistenza di stenti ed un altro marito, Lhatu, che la lascerà anche lui per una donna più giovane, di consacrare la propria vita alla preghiera ed alla meditazione, grazie anche all’incontro cruciale con un importante Lama, Rinpoche...
Il racconto della vita di Tsomo è la fotografia della condizione femminile in un Bhutan estremamente arretrato, ma questa donna caparbia porta anche dentro di sé quel germe di riscatto che la porta, nonostante il suo Karma negativo e l’aspetto deforme causatole dal ventre gonfio, a cercare sempre una via d’uscita che parta prima di tutto da dentro per esplodere poi all’esterno - nella sovversione dei canoni e degli stereotipi sociali. Il viaggio di Tsomo diventa così non solo un romanzo, ma anche una testimonianza, un vero e proprio specchio nel quale si riflettono la cultura, la religione e gli assetti sociali di un popolo intero. Soprattutto si percepisce la profondità di una filosofia estremamente affascinante come quella buddhista e si apre una finestra dalla quale intravedere un mondo per molto tempo sconosciuto. Il romanzo, infatti, è il primo edito in Italia proveniente dal Bhutan e Kunzang Choden con la sua personale biografia sembra costruire una testa di ponte per unire se stessa, donna affermata anche in ambito internazionale, con la Tsomo del suo libro, che in qualche modo rappresenta la nuova frontiera delle donne che decidono, in autonomia e libertà, di prendere per mano il proprio destino.
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