
Hirohito si è fatto adolescente. La sua principale occupazione è la formazione e lo studio teorico si approfondisce giorno dopo giorno, intervallato da visite in luoghi di culto, cerimonie, lezioni di equitazione e francese. Abbandonata la Gakushūin, il principe ereditario frequenta adesso l’istituto Tōgū Gogakumonjo, ideato dal defunto ammiraglio Nogi. Alcuni funzionari vorrebbero vedere il giovane Hirohito formato alla maniera occidentale, fortificato dalla vita in un’accademia militare, ma il preside della Tōgū, Heihachirō Tōgō, prima ancora di un imperatore vigoroso vuole formare un giapponese impeccabile agli occhi del mondo. In questo viene aiutato da insegnanti capaci di portare una ventata di novità per i giovani allievi, come il docente di etica Jūgō Sugiura, grazie al quale i ragazzi scoprono come una canzone di accompagnamento del teatro kabuki possa racchiudere gli ideali che regolano il rapporto tra sudditi e sovrano. Fuori dalle mura della scuola, il futuro imperatore è ancora un giovane curioso e amante della natura, desideroso di scoprire il nome di ogni pianta e in cerca di pulci d’acqua negli stagni. Sebbene a scuola si parli di integrità morale, anche la politica giapponese rivela i suoi lati più ombrosi e alle spalle dell’ignaro Hirohito, le fazioni politiche si contendono posizioni strategiche a corte, cercando di influenzare la scelta della sua futura consorte. Ma l’imperatrice ha idee chiare in proposito e i piani del clan Chōsū per ostacolare l’influenza dei rivali Satsuma sembrano destinati a fallire...
In questo secondo volume della serie Imperatore del Giappone, Hirohito prende sempre più coscienza dell’importanza del suo ruolo, delle ricadute che le sue decisioni, le emozioni e i sentimenti personali potrebbero avere sul suo futuro popolo. Quell’innocente desiderio di essere come gli altri viene portata via dalla corrente, insieme al sigillo da lui scolpito con il fittizio nome di Takeyama, e domata da un secco “Addio. Addio per sempre. Lo Stato sono io”. Questo gesto non ne intacca la personalità di natura semplice e umile, capace di rappresentate il popolo proprio perché così vicino ai sudditi. Manifesta senza vergogna le sue debolezze di uomo comune, indossando gli occhiali che ne sottolineano l’imperfezione fisica. Chiede senza esitazione di poter invitare alla cerimonia di proclamazione la sua vecchia insegnate Taka, figura per lui affettivamente più simile a una madre che a un docente. Si sofferma a chiedere il nome di ogni fiore perché erbaccia non identifica nessuna pianta, anche quella più anonima e priva di fiori colorati ha una storia dietro alla sua identità. In parallelo alle vicende direttamente vissute da Hirohito, facciamo la conoscenza di una giovane Nagako Kuninomiya, futura imperatrice Kōjun, un personaggio che sicuramente acquisterà sempre più spazio nei futuri capitoli della vita dell’imperatore. Come nel precedente, anche in questo secondo volume la narrazione resta affidata prevalentemente ai dialoghi, scelta che si conferma funzionale e capace di esorcizzare il rischio di una lettura troppo lenta e puramente didascalica. Il tratto realistico e accurato di Nojyo continua a regalarci dettagli nascosti negli sfondi, mai vuoti e ricchi di particolari, negli abiti tradizionali e in quelli dallo stile occidentale ma è soprattutto nelle espressioni che scorgiamo una cura maggiore. Non ci resta che passare al terzo volume, per scoprire come il giovane Hirohito affrontò i gravi incidenti che colpirono la corte imperiale nel nono anno dell’era Taishō.