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Imperium

Imperium
August Engelhardt, un fascio di nervi di 25 anni con i capelli lunghi e la pelle diafana, accavalla nervosamente le sue magrissime gambe sul ponte del Prinz Waldemar, il piroscafo che ogni tre mesi batte la rotta del Pacifico toccando il protettorato tedesco della Nuova Pomerania. Si avvicinano alcune piroghe di indigeni ad offrire mezzi maiali con i tendini penzolanti, e alla vista del sangue August rabbrividisce, lui è vegetariano, oltre che barbato, nudista e animalista. E l’orrore cresce quando, avvicinato da Hartmut Otto, un cacciatore di Paradisaeidae (uccelli del paradiso), apprende che le creature vengono spennate da vive per avere il sigillo di qualità: le tracce di sangue all’estremità della radice. Siamo all’inizio del secolo scorso e “quei tedeschi pallidi, ispidi, volgari, quei tedeschi simili a tapiri lì sdraiati, che si risvegliavano intontiti dal sonno della digestione, erano tedeschi all’apice del loro potere nel mondo”. August non si sente di appartenere a quel mondo, scrive un curioso libro dal titolo accattivante, Un futuro spensierato, compie una selezione del cibo scartando quasi tutto per alimentarsi solo di frutta ed elegge la noce di cocco a prodotto principe di cui non solo lui ma l’umanità intera dovrebbe cibarsi: “chi la eleggeva a unico nutrimento sarebbe diventato simile a Dio, sarebbe diventato immortale”. Assorbito dalla sua bizzarra ideologia partorisce l’idea di avviare una piantagione di noci di cocco e sbarca in Nuova Pomerania con la convinzione di convertire la comunità locale ma anche l’umanità intera a miglior vita. E non solo per ciò che concerne l’alimentazione. Ma le cose prenderanno una piega diversa dal previsto…
Una ballata dei mari del Sud nella Nuova Guinea teutonica, un gradevole romanzo tedesco a sfondo coloniale in cui un ideologo della noce di cocco parte in qualità di romantico sovvertitore di stili di vita volgari e decadenti. L’intento non è dei più modesti, perché il giovanotto inizia da un palmeto con l’intento di salvare il mondo intero, di fondare una nuova religione e magari un proprio regno; realizzare un’utopia per liberare sé stesso e l’umanità dall’autodistruttiva civilizzazione europea. Ma il lettore non tarderà a ritrovarsi risucchiato in una spirale di egoismo, razzismo e fanatismo fino alla follia. Paragonato per certi versi a Joseph Conrad, a Stevenson o a Jack London, l’autore svizzero tedesco esprimerebbe, secondo alcuni critici germanici, inclinazioni antisemite e un pensiero di matrice totalitaria e antidemocratico. Con occhio meno rigido lo si potrebbe considerare l’affresco grottesco di un possedimento inutile e costoso per l’Impero, in cui si rispecchia tutta la fragilità del pensiero romantico e il limite delle azioni umane nel loro complesso. Scorrevole, a tratti ironico, una forza narrativa originale e avvincente, un romanzo piacevolissimo.