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Incorporei appunti – Poesie scelte 2000-2021

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Milano una quarantina d’anni fa non era male: nonostante la nostalgia delle praterie argentine, fu amore a prima vista per la nebbia perenne che si incuneava fra le case di città studi. Ma, si sa, tutto cambia: “gli amori passano / anche le città cambiano, / e quella nebbiolina / ha scelto un altro amante”. Milano pare essere il crocevia di questa antologia poetica; sempre si staglia sullo sfondo, quando svelando anfratti del parco Lambro, quando apparendo come semplice frastuono, “oblio di luci lasciate / sempre accese”, mentre “si diventa vecchi prima dell’andare / a capo”, in questo libretto del rimpianto e del rammarico è la città dell’amore e del disincanto. A volte gli appunti di Marco Saya sembrano rimandare a Eraclito di Efeso: “Quando si fa notte / l’apparire s’addormenta / stremato nelle tastiere / di lettere solitarie. / Lassù, le luci delle stelle / festeggiano la verità / del creato / e il sole dell’alba inganna / il risveglio del perpetuo / errore”. Diffuso per tutto il volume è il tono di rammarico per la vita che passa e non ritorna: “A una certa età / (attorno alle ore 16 del pomeriggio) / sembra tardi per tutto / che il tutto potevi farlo / prima ma prima il treno / non arrivava e prima ancora / non esisteva e ora il tempo / ti spezza le gambe, / peggio di una protesi / che ti illude nell’agonia / del non fatto”. Noia del presente che tramonta fra giorni sbiaditi: “Ci si vede ogni tanto, / forse più per ricordarci che ci siamo; / il come poco importa” ...

Incorporei appunti suona un po’ come una specie di Canzoniere intimo, in cui convergono poesie che Saya aveva già precedentemente dato alle stampe in varie altre raccolte edite negli ultimi vent’anni. A larghi tratti riferendosi alla tradizione poetica italiana del Novecento - molti frammenti richiamano spiccatamente il primo Montale - sembra, ad ogni modo, che l’autore riesca a divincolarsi da influenze e soggezioni varie, fino a raggiungere uno stile suo proprio: non sarebbe azzardato definirlo un classico di questa epoca, cosa che forse provvederanno a fare gli addetti ai lavori dei prossimi anni. Frammenti di marcata ascendenza montaliana si alternano dunque a scritti che ricordano in qualche maniera il fraseggio del jazz - Saya è, fra l’altro, anche un musicista jazz - e a brevi prose liriche. Sullo sfondo c’è sempre Milano: fra un verso e l’altro sempre riverberano echi di nenie urbane, come suoni dai sobborghi in una domenica pomeriggio rallentata. Canzoniere della piccola e media borghesia milanese, dunque, di cui Saya pare voler assurgere a nuovo cantore, il libretto sembra inoltre voler inserirsi in un certo qual filone di letteratura post-marxista, per la critica della realtà che a tratti sale in superficie ma per lo più rimane in apnea, come a mischiarsi con il rammarico dell’uomo della media borghesia, che sonnolento si conduce da un anno all’altro: il senso di rammarico è sparso. Incorporei appunti è un piccolo classico dei nostri tempi: andrebbe letto, e magari riletto.