
Per un autore che intenda operare in un ambito letterario affollatissimo di voci monocordi dai temi sovente fin troppo assonanti, lo sviluppo complesso e multiforme del linguaggio poetico mediante la combinazione di concatenazioni sintattiche costituiscono un mezzo di inversione del segno che non può che suscitare un conveniente riscontro da parte del lettore. A dare linfa vitale a Installazioni della cremonese Carla Paolini, infatti, non è l’intento di trasporre in versi l’emergenza espressiva di una tensione interiore e di udire la sua voce rifrangersi sulla pagina. Bensì quello di addentrarsi in un libero territorio dell’articolazione poetica in grado di dare ai testi una rilevanza scultorea multiforme ed enigmatica. Mettendo in campo doti creative e intellettuali con atteggiamento sperimentale, sfrutta potenzialità artistiche che sembrano venire anche da altre sfere sensoriali da cui sorgono forme estranee alla retorica del già letto e troppe volte rappresentato. Carica la materia poetica di una sorprendente energia autogenerativa e la rinnova in una forma pensabile di pienezza espressiva che costituisce, a ben vedere, l’antidoto sofisticato di una poetessa ardita e irriverente contro la noia della ripetizione e della formalizzazione dell’arte.