
Alberto Angela è impegnato in queste settimane in un tour promozionale massacrante per lanciare la sua trilogia dedicata al grande incendio che devastò la Roma di Nerone, che si va ad aggiungere naturalmente ai suoi impegni televisivi. Sarebbe dunque naturale – e più che legittimo – intravedere in lui un briciolo di stanchezza. Stanchezza che sicuramente c’è, ma che Alberto supera con un tangibile, contagioso entusiasmo, con la sua voglia invincibile di divulgare, di raccontare, di condividere con i lettori e i telespettatori la sua passione per l’antichità, per la conoscenza, per il mondo. È grazie a questa energia che racconta ai giornalisti (noi di Mangialibri compresi) tutti i retroscena del suo lavoro. Lasciatevi travolgere.
Come è nata questa trilogia dedicata al grande incendio di Roma del 64 dopo Cristo?
La cosa che più mi ha colpito all’inizio del lavoro è che sul tema dell’incendio di Roma esistono pochi saggi, alcuni scritti da importanti storici stranieri ma abbastanza succinti, si “sorvola” abbastanza sugli eventi. Non so dire perché ci sia questa carenza storiografica, forse a causa diciamo così della “azione distraente” di due eventi vicini che hanno polarizzato l’attenzione di pubblico e addetti ai lavori. Innanzitutto il regno di Nerone – un personaggio affascinante sul quale sono stati scritti innumerevoli libri, realizzato documentari, girati film (anzi, per la precisione è il personaggio storico dopo Gesù Cristo a cui sono stati dedicati più film) – e in secondo luogo il martirio dei Cristiani. Questi due grandi temi hanno per così dire polarizzato l’attenzione degli storici e quindi mi è parso giusto e interessante trattare proprio l’argomento dell’incendio di Roma. Il libro che ho scritto è quello che avrei sempre voluto trovare in libreria ma non ho mai trovato. Anzi, i libri: sono tre volumi perché c’era tanto di quel materiale da descrivere. Innanzitutto la Roma prima dell’incendio, quella che è andata distrutta: una Roma completamente diversa da quella che conosciamo. Era una città quasi medievale di più di un milione di abitanti, con vicoli strettissimi dove non entrava il sole, tutta di legno. L’incendio l’ha devastata in nove giorni, come è stato possibile? Perché non sono riusciti a fermare il fuoco? Noi conosciamo bene, anzi benissimo la catastrofe di Pompei, una fiorente città di provincia distrutta in tre giorni, mentre invece della distruzione della capitale dell’Impero Romano non sappiamo quasi niente. In questa trilogia ho cercato di fare quello che ha fatto la NASA quando ha progettato la missione su Marte: prima ha lanciato delle sonde e ora un’astronave con equipaggio umano: a bordo dei miei tre romanzi preparatevi a esplorare un pianeta poco conosciuto, pieno di sorprese.
Nella trilogia fai riferimento al fuoco come a un mostro, una belva. Come è nato questo mostro?
Dell’incendio di Roma come dicevo sappiamo pochissimo, solo tre autori antichi hanno raccontato l’evento: Svetonio, che però ha potuto al massimo raccogliere solo qualche testimonianza diretta perché non era ancora nato all’epoca dei fatti, Cassio Dione che è vissuto più di un secolo dopo e infine Tacito, che era effettivamente bambino all’epoca ma non sappiamo se fosse a Roma in quei giorni. Ciò che sappiamo da queste fonti è che l’incendio nacque dal Circo Massimo, sono tutti concordi. Ora immaginate, è il 18 luglio, una notte d’estate caldissima come ce ne sono ogni anno a Roma, c’è la luna piena. Il Circo Massimo era molto diverso dalle rovine che vediamo oggi: in buona parte era una struttura di legno. Immaginate di avvicinarvi alle arcate, di giorno piene di commercianti e compratori, con tantissima gente e un’atmosfera che oggi ci fa pensare ai suk, ai mercati medio-orientali ma di notte quasi deserte, con taverne, qualche ubriaco in giro, le prostitute e i loro clienti. E proprio in quel momento qualcuno vede che c’è del fuoco all’interno di una delle arcate. Come si è acceso quel fuoco? Non lo sappiamo, io ho ipotizzato una lucerna che accidentalmente cade per terra da un soppalco per colpa di un liberto ubriaco. Quella lucerna è come un uovo che si schiude e fa nascere un piccolo mostro, una fiammella che si alimenta e cresce velocemente, nutrendosi di tutto quello che incontra. L’incendio è una belva gigantesca che è come un essere vivente se ci pensi: nasce, cresce, si riproduce con i tizzoni portati dal vento. Quello che possiamo dire con certezza assoluta è che Nerone con l’incendio non c’entra nulla, è una fake news dell’antica Roma. Nerone era ad Anzio, allora come oggi chi poteva con quel caldo se ne andava al mare. Roma era già stata colpita da numerosi incendi, quasi ogni generazione aveva visto un incendio grave e Nerone ancora non regnava, un anno dopo la città di Lugdunum – l’attuale Lione – viene rasa al suolo da un incendio e di certo non l’ha appiccato Nerone. Non a caso i protagonisti della mia trilogia sono due “vigiles”, Vindex e Saturninus, membri di un corpo istituito nel 6 d.C. da Augusto (ben prima che Nerone nascesse!) per assicurare la vigilanza notturna delle strade e proteggere la città dagli incendi. Roma aveva gravi criticità da questo punto di vista, e la cosa era ben nota: palazzi quasi tutti di legno, strade strette con case ammassate e tutte illuminate da lucerne e torce. Ma torniamo a quella notte al Circo Massimo. L’incendio è scoppiato da poco, accorrono i vigiles che sanno perfettamente quanto può essere pericoloso il fuoco, immaginateli in una strettoia larga meno di sei metri tra pareti di legno alte circa venticinque metri, una – le arcate e gli spalti del Circo Massimo in fiamme – molto presto comincia a piegarsi e con un frastuono tremendo crolla sulle case poco distanti: come con un ponte levatoio un esercito di fuoco invade la città. Questo è stato l’inizio della distruzione. Per descriverlo, mi sono basato su Londra, Hiroshima e Nagasaki, Dresda, Amburgo, Tokyo. Ho letto le testimonianze e le ho adattate a Roma antica e alla sua gente. Non sappiamo nemmeno quanti siano morti, ho scritto questi libri anche per rendere giustizia a queste vittime senza nome. La Storia ha cancellato le loro vicende, io ho cercato di raccontarle.
L’incendio di Roma è stato davvero uno spartiacque nella storia di Roma e del mondo…
C’è un prima e un dopo l’incendio di Roma del 64 d.C., la Roma che c’era prima non l’abbiamo mai conosciuta e soprattutto la Roma che oggi possiamo ammirare è frutto di quello che è stato fatto in seguito all’incendio. Fu fatto un vero e proprio piano regolatore, vennero stabilite delle norme di costruzione precise, furono creati i porticati per evitare i crolli di materiale infuocato sulla gente che scappava che tante vittime fecero durante i giorni dell’incendio. Nerone ricostruì la città e al centro pose la sua lussuosa residenza, la Domus Aurea che davanti aveva un lago artificiale. L’imperatore successivo, Vespasiano, prosciugò quel lago e restituì al pubblico quello spazio. Sapete cosa ci fu costruito? Il Colosseo. Il Colosseo è figlio diretto dell’incendio di Roma, se non ci fosse stato il disastro non ci sarebbe stato il Colosseo, o perlomeno sarebbe stato costruito in un luogo differente. Non solo: quando Nerone – cercando un capro espiatorio anche per cancellare le fake news sulla sua responsabilità messe in giro probabilmente da senatori di famiglie rivali – accusò i Cristiani di aver appiccato l’incendio, partirono rappresaglie ed esecuzioni capitali. Pietro è stato martirizzato per questo e nel luogo della sua sepoltura, secolo dopo, è stata costruita la Basilica di San Pietro: in altre parole, anche San Pietro è figlia dell’incendio di Roma. E senza le persecuzioni il Cristianesimo si sarebbe sviluppato così tanto nel cuore dell’Impero Romano? Non lo sappiamo, non sta a me dirlo. Quello che possiamo dire è che l’incendio di Roma ha cambiato la Storia. Quando i turisti vengono a Roma non sanno che stanno ammirando le conseguenze di quella lontana, immane tragedia.
Come hai affrontato la figura di Nerone?
Nerone in questa trilogia cerco di mostrarlo esattamente com’era. Un diciassettenne diventa padrone del mondo, con le sue tempeste ormonali. Gli mettono al fianco Seneca e Afranio Burro, prefetto del pretorio, e per cinque anni Roma vive un periodo di pace ed efficienza. Poi le cose cambiano, Nerone fa uccidere la madre, diventa crudele e spietato. Ma era davvero così? Gli storici che hanno descritto il suo regno erano suoi avversari, non va trascurato. È vero che alcuni fatti parlano chiaro, soprattutto nella parte finale della sua vita, ma per molti anni Nerone è stato un innovatore. Amava la musica, la velocità, era un giovane ribelle e anticonformista dagli occhi chiari e dai capelli biondi o rossi, quindi bisogna farne un ritratto completo perché è un personaggio difficile da inquadrare, quando pensi di averlo capito ti spiazza.
Cosa sappiamo in realtà della Roma che è bruciata?
Abbiamo delle descrizioni, era la Roma repubblicana, la Roma di Cesare e di Augusto. Una città stranissima, già ricostruita dopo il sacco dei Galli del 387 avanti Cristo ma ricostruita caoticamente, direi quasi casualmente, senza una struttura razionale. C’erano pochissimi viali, tutto un intrico di vicoli tortuosi e insulae affiancate in cui i ricchi vivevano ai piani bassi e i poveri ai piani alti assieme ai piccioni e alle colombe, senz’acqua. I Romani stavano in casa il meno possibile, appena alzati scendevano in strada e là si lavavano, mangiavano, amavano. Quindi caos e affollamento, traffico infernale, gente che urlava.
Quanto è importante il passato per definire il futuro?
Studiando il passato si può scoprire se stessi. Il passato è uno specchio, raccontando la vita delle persone vissute secoli fa si ragiona sulla nostra vita, sui nostri problemi. Con il passato si inquadra il presente e si riesce a indicare il futuro.
Quale lavoro hai fatto sui due protagonisti della trilogia? Che rapporto hanno tra loro Vindex e Saturninus?
La vita nel 64 d.C. era molto diversa da oggi e questo influiva profondamente sul modo di pensare della gente. Esisteva la schiavitù, solo per dirne una, gli stessi Vindex e Saturninus erano schiavi liberati. Si viveva al massimo quarant’anni, le donne morivano in media ancora più giovani, la mortalità infantile era spaventosa. Rifletteteci un momento: la vita degli antichi Romani durava in pratica la metà della nostra, pensate che questo non influenzasse il loro modo di vivere e di pensare? Quindi è davvero molto arduo per noi descrivere le dinamiche tra persone di quei tempi in modo corretto. Ciò premesso, c’è un’altra questione. Tutte le persone che descrivo nei miei libri sull’antichità – da quando ho cominciato più di dieci anni fa con Una giornata nell’antica Roma – non sono personaggi inventati, non invento mai nulla a meno di non essere veramente obbligato a farlo. Dietro c’è una ricerca certosina di personaggi reali, gente vissuta veramente: con il mio team siamo andati a cercare lapidi tombali, fonti storiche, cercando di individuare persone che fossero realmente presenti a Roma nei giorni dell’incendio. È ovvio che non posso sapere se quella persona magari in quei giorni era andato a trovare i parenti in un’altra località, ma cerco di essere credibile. Per esempio sappiamo con certezza che il futuro imperatore Tito era a Roma in quei giorni, faceva ancora l’avvocato, così come sappiamo che c’era Plinio il Vecchio. Ma questo non vuol dire che ho messo nei romanzi Plinio che lotta contro le fiamme, non ci sono prove di questo e non sarebbe stato corretto. Sono andato avanti con il buon senso. Vindex e Saturninus li abbiamo scoperti in una lapide, in cui uno dei due celebra l’amico morto. Si capisce che c’è un rapporto di amicizia profonda tra i due, uno più anziano e uno più giovane: probabilmente erano colleghi, uno aveva insegnato il mestiere all’altro. Questo tipo di “addestramento” emerge chiaramente dai graffiti che troviamo in una antica caserma di vigiles rinvenuta nel quartiere romano di Trastevere: uomini felicissimi quando tornavano indenni dalle ronde notturne, che erano davvero pericolosissime, perché Roma allora era veramente peggio di Gotham City; uomini stanchissimi; le loro gerarchie ferree… Un altro personaggio della trilogia interessante è il pretoriano Primus: in realtà avevo scelto un altro pretoriano che mi sembrava più adatto perché a lui si attribuisce una caricatura dell’imperatore Nerone ritrovata sul Palatino. Poi però alcuni esperti mi hanno fatto notare che la grafia della S usata da quel pretoriano potrebbe collocarlo in un periodo storico diverso. Allora fermi tutti, devo essere sicuro al 100% e quindi ho scelto Primus, che dalla sua lapide sappiamo per certo fosse in servizio proprio in quegli anni. E poi la pescivendola, il venditore di tessuti, il barbiere… nessuno di loro è inventato.
A livello di tempistiche e lavorazione tecnica che impegno è stata questa trilogia?
Raramente ho dovuto lavorare così tanto su di un libro, naturalmente non da solo. Per tanti anni ho fatto scavi e non è che la mattina ti svegli e organizzi uno scavo, hai bisogno di geologi, paleontologi, botanici, archeologi, esperti di ossa… Allo stesso modo anche per scrivere questi libri ho messo su una squadra con storici, archeologi (da Roma e Napoli) e altri che ci hanno dato le coordinate per questo grande viaggio che stiamo facendo voi e io. Non c’è spazio per l’improvvisazione, tranne nei rari punti in cui devi descrivere cose che nessuno ha descritto e comunque in quel caso ci siamo basati su altri eventi storici simili. Vi dico la verità: doveva essere un solo libro, poi vista l’enorme mole di materiale raccolto abbiamo deciso di scrivere una trilogia, non mi era mai capitato! L’ho suddiviso per giorni, seguendo l’incendio passo passo.
Fra tutti i grandi personaggi storici di cui ti sei occupato è quello che ti ha affascinato di più?
Ce ne sono vari. Giulio Cesare, senza dubbio: prima o poi scriverò un libro su di lui. Nerone mi ha intrigato molto, è stata una sfida sapere chi era e perché ha lasciato una traccia così importante. Una figura che ho scoperto che non mi aspettavo così affascinante sotto vari aspetti è certamente Cleopatra, una donna incredibile per la sua intelligenza, cultura e raffinatezza che l’ha resa unica in un’epoca in cui essere donna non era per nulla facile. E poi c’è Traiano, l’imperatore Traiano che secondo me è il massimo, tant’è che molti libri che ho scritto sull’antichità riguardano la sua epoca. Sotto Traiano l’Impero Romano ha raggiunto un’estensione dalla Scozia all’Iran, era un personaggio che aveva una visione modernissima, le sue idee sarebbero moderne anche oggi, ha unito più nazioni di quelle oggi presenti nell’Unione Europea, ma facendo funzionare tutto. Già gli antichi lo definirono “optimus princeps”, si sedeva tra la gente nel Circo Massimo, marciava tra i suoi soldati. Un grande.