
A prima vista sembra un signore che sta un po’ sulle sue, forse è un retaggio legato alla sua professione di medico di famiglia: in realtà è molto cortese e simpatico. Poi scopri che sa anche raccontare bene le storie che scrive. Insieme ai Sutulumana, un gruppo di musicisti bravissimi, dà vita a spettacoli nei quali il racconto e le note viaggiano insieme creando atmosfere davvero piacevoli e di grande partecipazione da parte del pubblico. Ecco spiegato perché i suoi libri piacciono tanto ai lettori: i suoi libri sono come lui.
Quando hai capito che raccontare storie ti riusciva bene?
Ti ringrazio, innanzitutto. Il segnale è stato quando ho cominciato a divertirmi io per primo. Poi è nata l’ambizione di riuscire a divertire anche altri.
I critici ti paragonano a scrittori d’atmosfera di lago o paesana, ma tu ti sei davvero ispirato a qualcuno di loro?
Ispirato propriamente no. Certo però che molti scrittori di provincia, da Chiara a Soldati, al grandissimo Guareschi, a Piovene, Parise e tanti altri sono stati e sono attualmente le mie scuole domestiche di scrittura creativa.
Sei un vorace lettore? E cosa preferisci leggere? Se leggi sei più incuriosito dal contenuto o lo fai solo per il gusto di leggere?
Mi definisco un ottimo lettore, da due tre libri a settimana, e nei confronti del libro ho sempre mantenuto l’atteggiamento da lettore. Non spio gli altri ma li leggo, e italiani soprattutto, non perchè siano miei concorrenti ma perchè sono convinto che molti di loro scrivono e raccontano bene.
Quando scrivi? C’è un’ora della giornata che ti è più consona o un periodo dell’anno? E c’è un luogo fisico che preferisci?
Le ore migliori sono quelle del mattino e il luogo è il mio studio lungamente desiderato e realizzato quando anni fa ho comperato casa. Ma poiché amo scrivere a mano, tu capisci che ogni luogo è buono: treno, aereo, ambulatorio, addirittura le panchine del lungolago. Basta avere qualcosa da raccontare.
Perché secondo te il valore educativo della letteratura a detta dei critici deve per forza annoiare?
Credo che ciò derivi dal fatto che spesso ci sono stati imposti libri fuori tempo: intendo dire che probabilmente c’è un’età per ogni testo, io ad esempio ho apprezzato I Promessi Sposi quando li ho letti liberamente, privo da imposizioni, obblighi di memorizzare etc.
La lingua usata dai tuoi personaggi è semplice, quotidiana, locale. Secondo te è questo uno dei segreti del tuo successo?
Certo. Il dialogo è una delle mie fisse e cerco di realizzarlo adeguandomi al linguaggio corrente; ne deriva che a volte mi capita di usare qualche parolaccia per il motivo che nella vita reale, quando uno di noi impreca, raramente lo si sente dire Accipicchia!, ma qualcosa ma di peggio.
L’ironia che avvolge i tuoi personaggi è uno stile letterario ricercato o la tua visione di vita?
È una sorta di visione della vita. L’ironia aiuta, e l’autoironia ancora di più: ti tiene i piedi saldamente attaccati alla terra, ti impedisce di montarti la testa.
Perché le donne che descrivi hanno quasi sempre una gran forza interiore, quando anche non fisica, mentre al contrario gli uomini sono macchiette di loro stessi? Licenza letteraria o rappresentazione del mondo?
Assoluta rappresentazione del mondo della realtà. La componente femminile, almeno per quanto mi riguarda, ha gestito una parte importante della mia educazione e mi ha insegnato che l’attribuzione dell’aggettivo “debole” al sesso femminile è assai discutibile.
Si dice che il pubblico prediliga la sofferenza, nelle storie che legge. Secondo te perchè?
Forse perchè si crede che il divertimento, l’allegria e l’ironia siano frutto di una scarsa applicazione, di scarso impegno, di cosa facile. Ma anche nelle mie storie i personaggi soffrono o a volte muoiono: forse certi lettori non se ne accorgono.