
Annalisa Consolo - autrice e sceneggiatrice appassionata di cinema e teatro - mostra, fin dalla presentazione del suo libro d’esordio organizzata on-line dalla casa editrice, un sorriso aperto e sincero unito a un entusiasmo palpabile. Estremamente disponibile, si presta volentieri ad un’intervista telefonica per Mangialibri, durante la quale abbiamo la possibilità di scambiare quattro chiacchiere su film, serie TV, stereotipi, felicità, tradimenti e segreti.
Cominciamo dalla fine. Nei ringraziamenti - dove, tra l’altro, è molto originale e sentito quello alla regista Céline Sciamma che forse non leggerà mai il libro e che mai saprà di essere stata importante fonte di ispirazione - spieghi che l’idea del tuo romanzo d’esordio, La cena delle verità, nasce inizialmente come sceneggiatura per una web serie. Nel passaggio da testo per video a, diciamo, testo per carta in che modo ritieni che l’intera storia si sia arricchita o, al contrario, snaturata?
Ritengo che non si sia affatto snaturata. Si è invece arricchita perché, dovendo trovare la cornice che legasse tutti i singoli episodi ambientati nella cucina (le quattro coppie protagoniste del romanzo si ritrovano a casa di una di esse e quasi tutti i loro dialoghi hanno luogo in cucina, n.d.r.), si è impreziosita della presenza di un contesto, che a me piace moltissimo e che è quello della caserma, e di tre nuovi personaggi, che sono appunto i carabinieri che indagano sulla vicenda per cercare di ricostruirla. Quindi senz’altro mi è stata data l’opportunità di ampliare l’orizzonte e offrire uno sguardo su un altro ambiente, oltre che di dare una voce anche un pochino più profonda ai singoli personaggi perché, al di là del racconto di quanto accaduto, ho avuto la possibilità poi di far parlare ciascun personaggio singolarmente, nella testimonianza che ognuno di essi fornisce ai carabinieri. Quindi sono convinta che la storia si sia assolutamente arricchita e sono molto contento di aver avuto questa possibilità.
Occorreva quindi una cornice all’interno della quale mettere le varie storie. Da dove nasce la decisione di far conoscere ai lettori la vicenda proprio attraverso le testimonianze rilasciate dai vari protagonisti ai tre carabinieri? Ricorda molto alcune scene di Inside man, un film del 2006 di Spike Lee, in cui le vicende legate a una rapina in una banca vengono ricostruite attraverso le testimonianze degli ostaggi. Allora forse la tua cultura cinematografica e televisiva ha influito sulla scelta?
Assolutamente sì. Anzi, io faccio riferimento anche a una serie che è Big Little Lies (con Nicole Kidman) in cui tutto è costruito attraverso testimonianze. C’è una detective che raccoglie informazioni dai vari protagonisti e tutto si basa sull’alternanza fra passato e presente, quando poi tutti gli avvenimenti si ricostruiscono. Dal momento in cui parliamo di film, c’è un’altra ispirazione filmica nella seconda parte del romanzo - quella sorta di montaggio alternato tra Davide e Monica (marito e moglie, padroni della casa in cui si svolge la vicenda). Si tratta di Last night, film di qualche anno fa anch’esso costruito sull’alternanza fra il punto di vista di lui e quello di lei. Direi quindi che sì, la cultura cinematografica ha fatto la sua parte.
Donne e maternità: uno dei temi affrontati, attraverso le figure di Rosa e Alessandro (altra coppia di invitati alla cena delle verità) è il riconoscimento, da parte dell’uomo, dell’identità e della femminilità della propria compagna che dovrebbe andare oltre la maternità in sé. Alessandro in questo senso, ad un certo punto della storia, sembra rendersi conto delle esigenze della moglie ed evolvere. Secondo te gli uomini, in generale, hanno davvero capito?
Forse non tutti. Diciamo che ci sarebbe bisogno di una sensibilità particolare, anche perché la difficoltà sta nel fatto che quel particolare sguardo maschile finiamo per assumerlo anche noi donne e diventa tutto ancora più difficile, perché non c’è solo un fraintendimento, ma ce ne sono due e quindi è tutto più arduo da scardinare. Nel romanzo il problema non è soltanto di Alessandro, ma è anche di Rosa, che si percepisce in un certo modo ed è lei la prima a dover riscoprire che non sé soltanto una madre, o meglio “una vacca da monta”, come urla ad un certo punto della storia. Diciamo quindi che se noi donne diamo una mano agli uomini, possono arrivare meglio e prima ad una maggiore comprensione.
Un altro aspetto importante del romanzo è legato alle motivazioni che stanno dietro a un tradimento e, attraverso le considerazioni dei tuoi personaggi, distingui tra il tradimento che nasce dall’attrazione e quello perpetrato per dispetto. Qual è la tua posizione in merito? Pensi anche tu che il primo sia più difficile da perdonare?
Ringraziando Dio non mi sono mai trovata in una situazione analoga, quindi non so come potrei reagire. Secondo me l’attrazione è qualcosa che devi voler superare e penso che si possa riuscire a farlo. Anche perché, altrimenti, si tradirebbe di continuo, in quanto capita in continuazione di essere attratti da altre persone e, se si permette che la tentazione si attualizzi e si concretizzi ogni volta, allora sì che è un vero casino. Credo si debba avere sempre presente l’affetto che ci lega alle altre persone, perché, secondo me, un conto è potere e un conto è agire secondo quel potere.
Fondamentale è, nel romanzo, la differenza tra infelicità e delusione. Vuoi illustrarci il tuo punto di vista?
Io penso che all’infelicità si possa porre rimedio, mentre per quanto riguarda la delusione è tutto un pochino più difficile, perché se attribuiamo ruoli e categorie e conformiamo ad essi la nostra felicità, allora quando quegli stessi ruoli e categorie vengono disillusi è un vero macello. Quando quella persona che noi magari abbiamo idealizzato crolla dal piedistallo, è difficile poi riuscire ad innalzarla di nuovo. D’altro canto, invece, ci tante cose che possono guarire l’infelicità, tanto più se non si è da soli ma si è in due a lavorare e a condividerla, perché si tratta sempre e comunque di comunicazione. Se uno tiene dentro la propria infelicità, è chiaro che essa diventa un ostacolo davvero insormontabile.
Le quattro coppie del romanzo, e in parte anche i personaggi di contorno, rappresentano ciascuna una possibile fase della vita di coppia: l’innamoramento e l’attrazione iniziale; la difficoltà ad avere figli o, al contrario, il numero elevato di figli; la frustrazione; la difficoltà di comunicazione. Ci si conosce mai davvero all’interno di una coppia?
No, non credo. Proprio ieri parlando con un’amica ci si chiedeva se, in generale, sia più corretto riservarsi spazi personali anche all’interno di una relazione di coppia o se sia invece più giusto condividere davvero tutto. E, secondo me, qualche spazio rimane, perché credo si possa condividere fino a un certo punto l’interiorità. Per cui no, non penso ci si possa mai conoscere del tutto.
Un altro messaggio racchiuso nella tua storia viene trasmesso attraverso le parole del brigadiere Nardone che, ad un certo punto, osserva che bisognerebbe sempre ricordare che si vive di piccole cose. Sei d’accordo con la semplicità disarmante ma profonda del brigadiere o la sua ti sembra una considerazione troppo semplicistica? Credo sia una considerazione molto condivisibile. Le piccole cose sono quelle a cui fa riferimento anche uno dei protagonisti del romanzo quando fa la sua disamina del tradimento da parte del partner. Non è stato un evento macroscopico, ma una somma di eventi microscopici a condurre poi al tradimento effettivo. Penso anche che la giornata di ciascuno sia fatta di piccole cose, che ti possono procurare stress, un po’ di gioia, un po’ di ansia. Ti segnano la vita, perché poi chi avrà a che fare davvero con grandi cose? Per la maggior parte delle persone sono i piccoli eventi quelli che possono arricchire davvero e questo discorso forse riguarda anche l’infelicità o la felicità di cui parlavamo prima, intesa come il non aspettarsi una vita fatta di grandi avvenimenti, perché poi uno riesce a renderli grandi non perché lo siano davvero in se stessi, ma perché condivisi con qualcun altro o vissuti per qualcun altro.
E, per concludere, come ci si sente quando si tiene tra le mani una copia del proprio romanzo d’esordio?
Si prova moltissima emozione. Poi io sono una persona a lenta carburazione, mia sorella dice che non si capisce mai quando sono davvero contenta e io le rispondo sempre che sono contenta dentro. A parte gli scherzi, ieri c’è stata la presentazione ufficiale del libro attraverso una diretta Facebook e io non la smettevo di sorridere. E anche questa mattina continuavo a farlo, tanto che mi sono data della cretina, ma a dir la verità è tutto davvero molto entusiasmante. Aprire la scatola contenente le copie del mio romanzo è stato davvero molto bello.