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Intervista a Alain Elkann

Alain Elkann
Articolo di

Elegante, raffinato, colto ma anche gentilissimo, disponibile e affabile, Alain Elkann risponde alle nostre domande in un freddo pomeriggio e scalda l’atmosfera immergendosi nei ricordi, raccontandoci di sé e della sua forse più intima fatica letteraria.

Nonna Carla è scritto in forma di diario: tieni abitualmente un diario? E comunque cosa ne pensi come forma espressiva?
Il diario è molto importante non solo per uno scrittore, ma per tutti. Scrivere il proprio diario significa fermare la propria vita, i ricordi, gli eventi. A meno che una persona non sia completamente sola, tenere un diario ha senso anche per lasciare una testimonianza agli eredi di quello che è stato, una testimonianza del vissuto di una persona. Nel caso di uno scrittore è ancora più importante perché è sì testimonianza ma anche materia letteraria: talvolta veri e propri incipit di lavori, un modo per fissare situazioni, luoghi, sentimenti che facilmente diventeranno materia di successiva rielaborazione letteraria. Molti sono gli scrittori che lo hanno tenuto e ne hanno fatto un genere diverso dalla poesia, dai romanzi, ma pur sempre un genere letterario.
 

Perché dopo dieci anni un libro tanto intimo?
Dopo dieci anni dalla morte di mia madre, in famiglia pensavamo ad un modo per ricordarla, cercavamo qualcosa e proprio in quel momento ho ritrovato del materiale che avevo scritto durante la sua malattia. Rileggendolo mi è venuta voglia di aggiungere qualcosa, di fare un’aggiunta letteraria - e l’ho fatto. Mettendo insieme queste due parti ho pensato che poteva interessare la mia famiglia. Questo mi ha fatto pensare a cosa sia uno scrittore che scrive e descrive situazioni, che spiega delle cose che sente e vive; questo libro ha toccato il cuore di molte persone, anche gente semplice non abituata a leggere, ma che ha trovato una sincerità e una verità che li riguardano. Il riscontro interessante è arrivato anche dalle recensioni arrivate da entrambe le correnti politiche e questo significa che al di là della politica ho affrontato un argomento universale, come la morte della madre ma anche la sofferenza di una famiglia.

 


È cambiato il tuo atteggiamento di fronte alla malattia e alla morte dopo l'esperienza con tua madre?
No, credo che come in tutte le cose anche in questo ci sia un elemento di fortuna, si spera sempre che il medico che prende in mano la vita di una persona cara sia in grado di farlo. Ci si affida a loro, sono loro che parlano delle sue condizioni, ti danno informazioni sulla malattia, soprattutto se una persona è intubata, la medicina moderna fa questo. Tutt’altra cosa è veder morire una persona nella propria casa, nel proprio letto. A differenza di mio fratello, e nel libro lo dico, io non volevo sapere niente, a me interessava solo sapere se sarebbe vissuta o meno. Credo che la posizione più dolorosa sia stata quella di suo marito perché è rimasto più solo, noi tutti abbiamo una famiglia, a lui è mancata lei, le sue parole, si è dovuto abituare al suo silenzio iniziato già quando era in ospedale. La morte è una cosa ovvia a cui nessuno di noi è preparato: dopo c’è solo silenzio, immaginazione, interpretazione.

 


Del libro una frase mi ha particolarmente colpita: "Non era cattiva, era solo malata": cosa hai imparato dall'assenza di tua madre?
Non ho imparato niente dalla sua assenza, non si impara niente, bisogna vivere la vita così com’è, non ho rimorsi. È quello che dico anche nel libro, è la verità, finché mia madre ed io litigavamo voleva dire che avevamo un vero rapporto, con l’inizio delle lacrime e delle preghiere il rapporto non c’era già più. È tremendo vedere la sofferenza e nei confronti di un malato ci si addolcisce. Noi abbiamo avuto un rapporto vero.

 

Spesso hai avuto modo di occuparsi di libri in televisione: cosa può fare la tv per incentivare il gusto per la lettura nel pubblico e perché non sempre ci riesce?
Io attualmente faccio una trasmissione su La7 ed è molto difficile difenderla. Sono tutti contro i libri, perché i libri non attirano, non fanno audience.

 

I libri di Alain Elkann