Hai inventato una formula che mette insieme il referendum popolare, i social network, i blog e la scrittura creativa: i personaggi del tuo romanzo hanno un proprio profilo su Facebook: tramite quello, Gaetano Flores interloquisce direttamente con i suoi lettori. A loro si concede con generosità, rifiuta (o magari accetta, chissà) appuntamenti, scambia opinioni, chiede consigli e dispensa pareri. E il suo autore è sempre più estraneo all’identità di Gaetano Flores, che va crescendo sia come profilo psicologico sia come numero di fan che lo apprezzano. Il personaggio letterario che pretende una sua vita autonoma da quella del suo autore: un tema caro a Pirandello che tu hai potuto portare alle estreme conseguenze grazie all’informatica. Che vita è quella di Gaetano Flores su Facebook? Non credi che possa sfuggirti di mano e diventare altro da quello che tu vorresti che fosse il tuo personaggio?
Quando chi legge inizia a sentire le azioni e le preoccupazioni del protagonista, il personaggio letterario smette di essere dell’autore e diventa anche dei lettori. Non è un caso che le dinamiche sentimentali e professionali di Flores arrivino a essere vissute e percepite in maniera autonoma, e a volte diversa, dalle intenzioni originarie dell’autore. Far approdare su Facebook Flores ha segnato un passaggio, uno sconfinamento. Uscito dalle pagine e approdato sul blog, Gaetano è diventato un personaggio con una sua vita autonoma, con amici e amiche che gli scrivono chiedendogli un incontro. Ma il respiro vitale rimane quello insufflato dall’autore, che per lui risponde e agisce.
Il tuo romanzo Il silenzio imperfetto è scritto in una lingua ‘piana’ e regolare, niente dialettalismi e mescolanze e sperimentazioni lessicali: quasi non sembra di essere in Sicilia. E’ una scelta di opposizione a modelli fin troppo diffusi – e anche contestati – o altro?
Dopo Camilleri, il siciliano, il dialetto, è un’operazione di difficile innesto nella narrazione. La scimmiottatura è in agguato e il pericolo può essere sventato soltanto distaccandosene radicalmente.
Un romanzo articolato che mette in scena la macchina impietosa della mafia e delle sue collusioni: un romanzo impegnato?
Volontariamente impegnato. La denuncia, la lotta, possono esercitarsi attraverso molte strade. Il racconto è una di queste. E l’esempio che viene dalla letteratura conforta e spinge a proseguire. Lo scrittore può solo intrattenere con un racconto o aggiungere all’intrattenimento la denuncia, la decodificazione delle imposture che ingabbiano e falsificano la percezione. Svelare gli inganni dissimulati sotto i totem. Io ho scelto questa seconda strada, spero di esserci riuscito.
La scelta seriale che – ci risulta – ti accingi a fare con il prossimo romanzo in cui è protagonista ancora Gaetano Flores quanto è frutto del personaggio che ti è sfuggito dalle mani su internet e quanto, invece, è stato programmato e preordinato?
Gaetano Flores ha preso vita come personaggio almeno sei anni fa. E’ stato protagonista di altre storie, una mai pubblicata, un’altra pubblicata in ambito soltanto locale. E il personaggio ha preso gusto al suo protagonismo. Scalpita, si agita, suggerisce sempre spunti nuovi. Si presenta da me con un filone di ricerca, un’indagine che i fatti di cronaca gli hanno suggerito e mi chiede di prestargli le mani sulla tastiera, di mettere in parole le sue farneticazioni.
Sono affezionato a lui e in genere lo assecondo. Oltre alla prossima storia, c’è un abbozzo di una terza e di una quarta. Lo tengo a freno e lo rabbonisco, altrimenti mi trascinerebbe in mille avventure quotidiane.
I libri di Aldo Penna