
Per lei la scrittura è puro egoismo, perché la fa stare molto bene. E scrivendo scopre nuovi lati di sé. La scrittrice Annalisa De Simone, studi in Scienze umanistiche e Filosofia teoretica, è già al suo secondo romanzo. Protagonista è una ragazza che si chiama come l’autrice, ha le stesse origini e si trasferisce a Roma per inseguire il desiderio di scrivere. Il libro è stato candidato dagli Amici della domenica Aldo Cazzullo e Roberto Cotroneo al Premio Strega 2016. La foto è di Luca Rossini.
Domanda un po’ dolorosa e forse prevedibile, ma dovuta: dov’eri la notte del terremoto dell’Aquila?
Mi trovavo all’estero, in Egitto. Ho potuto raggiungere la mia famiglia solo dopo un paio di giorni. Si erano rifugiati in una mansardina sulla costa abruzzese. La casa era piccola e a cena sedevamo tutti, i miei genitori e i nonni, attorno a un tavolo da quattro persone. Quella vicinanza fisica, costretta e un po’ goffa, non era spiacevole, anzi. Ne avevamo tutti bisogno.
Terremoto a parte, quanto c’è di biografico nel tuo romanzo Non adesso, per favore?
Tutto e niente, come al solito. Come per chiunque.
Perché hai aspettato quasi sette anni prima di parlare del terremoto nei tuoi scritti?
Chi scrive romanzi non deve far quadrare un budget né interagire con le idee di altre persone, come accade in teatro o al cinema. L’unico limite è questo: saper aspettare che una storia si sia sedimentata in modo da gestirla. Tornare a quei sentimenti con la distanza necessaria a creare un racconto. Per essere padroni del movimento bisogna stare di lato, mai al centro.
Qualche domanda sui tuoi personaggi. Perché Vittorio non si lascia andare all’amore che prova per Annalisa?
Vittorio è un uomo banale, come me. Il suo distacco è una forma di difesa. Tutto qui.
Perché hai scelto di costruire il padre di Annalisa con un carattere così difficile?
Per renderlo reale. Mai visto un padre che non lo sia. Almeno, non nella mia famiglia.
E qual è il ruolo che hai voluto dare alla nonna?
La nonna è un personaggio a tinte forti, così deforme da sembrare ridicolo. Fa sorridere, ma senza alleviare.
Cosa significa per te scrivere?
Arrogarmi il diritto di fare ciò che amo. Che poi nella vita poterselo permettere significa toccare il Nirvana. E io mi sento così quando scrivo, agitata (quello sempre) ma anche profondamente in pace.
I LIBRI DI ANNALISA DE SIMONE